Potrebbe non essere leso il diritto al lavoro. Intanto il calciatore si scusa pubblicamente.
Il giorno dopo la bomba scoppiata addosso a Pietro Arcidiacono, con il Daspo per tre anni per aver esposto la maglia “Pro Speziale” (vedi articolo), è il momento delle scuse dell’attaccante della Nuova Cosenza che ha indetto una conferenza stampa durata pochissimi minuti e costellata da poche parole: “Nessuno sapeva niente della maglietta, mi prendo le mie responsabilità. E’ stato un gesto di conforto nei confronti della famiglia Speziale che non sta passando un buon momento. Chiedo scusa invece alla famiglia Raciti e alla Polizia. Non volevo andare contro di loro. Ho fatto una “cazzata” e non volevo si creasse questo putiferio. Sono dispiaciuto dell’accaduto”.
Nel frattempo l’attaccante potrebbe non dover smettere di giocare nonostante il provvedimento emesso dal questore di Catanzaro Guido Marino: nello stesso, infatti, non dovrebbe comparire l’obbligo di firma domenicale unito al diritto al lavoro sancito dalla Costituzione. Ricordiamo che nei dilettanti non esiste un contratto di lavoro ma soltanto dei rimborsi spese. Se Arcidiacono riuscisse a dimostrare, durante il ricorso d’urgenza al TAR di Catanzaro, che l’unica fonte di sostentamento della propria vita sono i rimborsi stessi, potrebbe anche cambiare la situazione. In suo aiuto potrebbe anche venire l’avvocato Lorenzo Contucci del Foro di Roma che si sarebbe messo a disposizione per portare avanti il ricorso.