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  04/12/2008 - INTERVISTA AL CENTROCAMPISTA GHANESE DELL'INTER


"All'Inter grazie ad Essien
Adesso lo aspetto qui"


Sulley Muntari racconta: "Quando mi cercarono i nerazzurri Michael mi disse: 'Vai senza paura, c'è Mourinho, ti troverai alla grande'". E poi: "Grazie Spalletti, a lui devo proprio tutto"


Dai campetti di Konongo e Kumasi, in Ghana, a uno storico argento Mondiale (2001) con l’Under 20, poi l’Udinese, Spalletti, l’Inghilterra e infine l’Inter: dietro Sulley Muntari ci sono 24 anni di affascinanti storie, esperienze e amicizie vere; davanti, tanti sogni, professionali e umani, perché “il Ghana è nel mio cuore, è il mio futuro, è il mio orgoglio”, dice l’inesauribile “polmone” dell’Inter.

Muntari, iniziamo dai primi calci a Konongo e Kumasi?
“Papà era allenatore, il mio futuro era segnato. Ma io non volevo giocare con i miei coetanei, preferivo fare il raccattapalle per i più grandi, ai quali lavavo anche le magliette pur di strappare qualche minuto in partita con loro”.

Che età aveva?
“Io dodici, gli altri anche diciassette-diciotto anni. Piano piano mi sono guadagnato il loro rispetto, mi passavano a prendere a scuola per andare alle partite e nel giro di pochissimo mi sono trovato in nazionale Under 17. Li colpiva la mia spavalderia, non avevo paura di nessuno”.

Si dice che da ragazzino fosse un grande trequartista. E’ vero?
“Macché, giocavo terzino sinistro”.

A 17 anni si sposta di 250 chilometri, si aprono le porte della capitale Accra.
“Vengo acquistato dai Liberty Professionals, ma ci resto pochissimo, perché nell’estate del 2002 si parte per Udine...”.

Prima, però, c’è il Mondiale Under 20, in Argentina.
“Arriviamo secondi proprio dietro all’Argentina, ma nei quarti di finale buttiamo fuori il Brasile di Adriano: lui segna l’1-0, poi vinciamo noi 2-1. Nella Seleçao c’era pure Kakà, ma io non me lo ricordo, la stella era Adri”.

Tra i compagni di oggi c’era pure Maicon.
“E anche Burdisso: lui l’ha vinto il Mondiale. Ma erano tanti i grandi giocatori: ricordo pure Julio Baptista e i francesi Cissè e Mexes”.

Sono i giorni in cui nasce l’amicizia con Essien?
“Lui per me è un fratello. Quando si presentò l’occasione Inter, mi telefonò e disse: 'Vai senza paura, c’è Mourinho, con lui starai alla grande'. Michael, al Chelsea, si è trovato benissimo con il mister”.

Oggi cosa pensa del portoghese?
“Mourinho è l’allenatore più completo che abbia mai incontrato. C’è chi si limita al campo e poi ciao, lui invece è presente sempre durante la giornata, cura ogni particolare”.

E Spalletti?
“Gli devo tutto, una delle persone più importanti della mia vita. L’Udinese è stata la tappa fondamentale, un club meraviglioso. E poi devo dire grazie anche a Pierpaolo Marino, mi ha scoperto lui e non mi sorprende che oggi il Napoli sia tra le grandi, perché ovunque va Marino si fa bene”.

Torniamo a Essien. Le piacerebbe giocare con lui?
“Lo faccio già in nazionale (sorride)”.

Sì, ma in un club?
“Eventualmente sarà a Milano, verrà qui lui”.

Lei si è ambientato immediatamente all’Inter. Zanetti ha detto che sembra con loro da una vita.
“E’ merito di un gruppo fantastico, dal vertice all’ultimo dei magazzinieri. Mi hanno accolto subito come uno di loro, mi hanno aperto cuore e porta di casa. In campo, poi, sembriamo una cosa sola. E’ facile capire il motivo di un dominio che in Italia dura da oltre due anni. Di questo passo sarà dura batterci”.

Cinque anni a Udine e, dopo un anno al Portsmouth (vinta una coppa d’Inghilterra), ora Milano: che cos’è per lei l’Italia?
“Di certo non un Paese razzista. Gli italiani sono persone accoglienti. Rispettano e incoraggiano chi lavora, chi ha voglia di fare. Non ha senso parlare di poche eccezioni. Per il resto, qui ho trovato la miglior cucina del mondo”.

Quando vedremo una nazionale africana campione del Mondo?
“Ormai è solo questione di tempo. Tutti i migliori giocatori sono in Europa, hanno esperienza da vendere e anche a livello di strutture siamo cresciuti notevolmente. Camerun e Nigeria si sono mossi per primi nell’ingaggiare tecnici stranieri, ma ormai siamo in molti a bussare alla porta del grande calcio”.

In Ghana è tempo di elezioni.
“Sì, ma una certezza c’è già: chiunque vincerà lavorerà per il bene di tutti. Sono orgoglioso del mio Paese, siamo gente di pace, si convive senza problemi fra cristiani (la maggioranza), musulmani (di cui fa parte Sulley) e altri. Abbiamo poca microcriminalità e pensiamo soprattutto al futuro dei nostri bambini”.

Che spot!
“Venite in Ghana, è fantastico e non è solo per le spiagge di Accra”.

Dove tra l’altro non si fa altro che giocare a calcio, un po’ come a Rio de Janeiro.
“E’ vero, e non sapete quanti talenti straordinari si esibiscono lì, gente molto più forte di me. Appiah, che poi è sempre stato il mio punto di riferimento, conosce la storia di tutti. Ai vari osservatori consiglio di fare un giro da quelle parti, perché potrebbero trovare autentici fenomeni, finora nascosti solo perché più sfortunati di gente come me”.

fonte: gazzetta.it