Era chiamato Pompiere o Bisonte e segnava vagonate di gol! Nordahl, pur essendo svedese, trovò in Italia la culla dei suoi tanti successi.
Pensare, agire e colpire: c’è stato un uomo capace di essere l’emblema di come la forza e l’incisività nel calcio potessero fondersi a meraviglia. Lo scandinavo Gunnar Nordahl è stato uno dei più grandi goleador di sempre; un cecchino e un cacciatore di gol che in Italia detiene un numero incalcolabile di record. Partiamo, tanto per citarne uno, dalla media-gol complessiva più alta:0.773! Del resto il mitico Gunnar ha sempre amato esagerare. Anche nei soprannomi, visto che ne aveva addirittura due. Il curioso aneddoto coincise proprio col suo arrivo in Italia, precisamente al Milan. Ricordiamo che Nordahl cominciò la sua carriera professionistica proprio in Italia, poiché all’epoca in Svezia il calcio era praticato solo a livello dilettantistico. Per questo motivo era inserito nell’organico dei pompieri della sua città e giocava come componente della loro squadra di calcio. Approdato a Milano, il nomignolo di Pompiere divenne quasi automatico.Passarono pochi mesi e i tifosi coniarono per lui anche un altro soprannome, ritenendolo più adatto al suo modo di giocare: il Bisonte. E basta vedere qualche suo gol per capire il perché…
Gunnar nacque a Hoernfors il 19 ottobre 1921 e si dedicò al calcio fin da bambino, trovando sempre più spazio e credibilità nelle file del Degerfors (77 presenze e 56 gol) e del Norrkoping (95 gettoni e 93 gol). Con numeri di questo livello (la sua media-gol era già la migliore in circolazione) fu praticamente impossibile non accostare il suo nome a quello delle grandi squadre europee. La sua fisionomia calcistica era già un libro aperto per molti: un fantastico centravanti di sfondamento, abile di testa, veloce e coordinato nonostante i 92 kg e il fisico massiccio, formidabile in zona gol e bravo a smarcarsi. Sembrava uno scoglio ed era insensibile anche agli scontri più duri; in patria divenne ben presto il numero 1! Vinse quattro campionati nazionali, una Coppa di Svezia e l’oro olimpico nel 1948 con la Nazionale a Londra. In questo torneo mise a segno 7 gol, conquistando il titolo di capocannoniere della manifestazione e affascinando anche i palati più fini: il Milan si innamorò di questo possente svedese e lo ingaggiò nel 1949. Gunnar Nordahl debuttò nel nostro campionato a gennaio, a stagione ormai iniziata, ma ciononostante in appena 15 gare siglò ben 16 gol; un input che già prefigurava un’epopea di trionfi e soddisfazioni!
Il Bisonte a Milano il divenne una monumentale macchina da gol: tutti, anche gli avversari più insidiosi, gli riconoscevano quella marcia in più che soltanto i campioni possiedono. La sua potenza quasi sovrumana, la sua capacità di partire alla carica a testa bassa, insensibile anche alle scorrettezze degli arcigni difensori avversari, trasformarono Gunnar in un incubo per chiunque. Insieme a Liedholm e Gren, Nordahl costituì il mitologico trio Gre-No-Li; una triade di campioni di altissimo livello in cui convivevano in perfetta armonia spettacolo, potenza e fantasia.
Lo svedese gestiva in modo adeguato il suo corpo; con la sua caratteristica falcata corta e veloce e la sua insperata agilità nella corsa sembrava quasi, palla al piede, sorvolare il terreno di gioco… Da buon milanista, sapeva come rafforzare il suo mito; dava infatti il meglio di sé nel derby cittadino, entrando in diretta rivalità con Nyers, l’ungherese che vestiva la maglia nerazzurra. In uno storico Milan-Inter del 1949, finito 4-4, i due fuoriclasse siglarono una doppietta a testa accendendo di entusiasmo la folla sugli spalti. Ma il destino aveva scelto lui, Gunnar Nordahl, come il dominatore assoluto in fatto di reti nella prima metà degli anni ’50. Nella stagione 1950-51 si confermò agli occhi del grande pubblico divenendo il principale ispiratore e il trascinatore del Milan che, dopo 44 anni, tornava a vincere lo scudetto. Vestì la maglia rossonera fino al 1956, portando in dote numeri e cifre da fare invidia a chiunque: la Coppa Latina(1955), due campionati(1951-1955) e soprattutto ben 5 titoli di capocannoniere! Sono così tanti i suoi record che si rischia di dimenticarne qualcuno: per esempio detiene tuttora il primato per tornei a 20 e 21 squadre, avendo realizzato nella stagione 1949/50 35 gol con 37 presenze(media-gol per partita di 0.945). Il totale di reti realizzate col Milan nelle otto stagioni di militanza si commenta da solo: 210 in 257 presenze, con una media di 26 centri per campionato!
La Roma fu l’ultima tappa della sua prolifica permanenza in Italia, anche se la parentesi nella capitale si rilevò piuttosto magra di soddisfazioni; 34 presenze e 15 gol che comunque contribuirono a rimpinguare il suo record di segnature. Gunnar lasciò l’Italia con 225 realizzazioni, un vero fenomeno… Con la selezione svedese, invece, 43 gol in 33 gare! Nordahl, con l’età che cominciava a essere troppo ingombrante anche per lui, restò ancora nell’ambiente che più amava con un’esperienza come allenatore sempre nella Roma e con un epilogo in campo nella squadretta del Karlstad, in Svezia; in ogni caso, tali situazioni servirono giusto per gli almanacchi essendo di scarsa importanza.
Col passare degli anni, Gunnar continuò la sua vita così come l’aveva condotta in gioventù: con gioia e semplicità… Sempre corretto, sia in campo che fuori, Nordahl era una persona limpida e di buon cuore: era benvoluto e amato da tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscere il campione e l’uomo. Talvolta partecipava a qualche gara a scopo benefico e non perdeva occasione di ritornare in Italia per rivedere amici e compagni e ritrovare l’affetto di quei tifosi che non potevano certo dimenticarlo. Proprio in Italia, in Sardegna (e precisamente ad Alghero), Gunnar si ritrovava spesso in vacanza godendosi le spiagge del nostro paese; e lì, il 15 settembre del 1995, il Pompiere fu stroncato da un infarto che non gli diede alcuna possibilità di reazione. Un infarto: solo così si poteva fermare Gunnar Nordahl, il Bisonte più famoso del football mondiale. E’ ancora oggi una leggenda: un campione di un’altra generazione capace di imprese epiche. E la sua grinta resterà impressa per sempre: un uomo solo ci ha dimostrato che con il cuore e la forza, prima ancora che con la tecnica, si possono tagliare traguardi straordinari.
Lucio Iaccarino