Salvatore Bagni: grinta, dinamismo e polmoni d’acciaio, tutte qualità che hanno dipinto una carriera fantastica. Da ala a mediano, un pilastro del Napoli di Maradona.

Salvatore Bagni

Salvatore Bagni (foto tuttonapoliclub.net)

Tutti conoscono la famosissima canzone Una vita da mediano che il cantautore Luciano Ligabue ha voluto dedicare a chi, nel calcio e soprattutto nella vita, non è iscritto alla categoria dei campioni e dei numeri 1. Il lavoro duro ma prezioso della cosiddetta classe operaia, caratterizzato da tanta fatica e sudore, nel gioco del calcio ha la faccia di quello che ora viene chiamato centrocampista d’interdizione. Il mediano, appunto… Nel testo Ligabue cita spesso Gabriele Oriali, l’esempio più gratificante per la categoria; un piccolo grande portatore d’acqua dotato di polmoni super e capace di laurearsi addirittura campione del mondo!

Passeranno i secoli, ma in ogni grande squadra ci sarà sempre bisogno di un calciatore con queste caratteristiche, ed è giusto rimarcarne l’importanza, anche quando è fin troppo facile la tentazione di tessere le lodi solo del numero 10 o del centravanti. Ligabue scelse, e come dargli torto, il riferimento di Oriali ma è anche doveroso ricordare altri mediani della storia del calcio nostrano. Uno di questi, che come vedremo ha subito nella sua carriera una drastica metamorfosi proprio nel ruolo, è Salvatore Bagni da Correggio (Reggio Emilia). Guarda caso, la stessa città di nascita del grande Ligabue…

Salvatore Bagni nacque il 25 settembre del 1956 e cominciò l’attività agonistica nel Carpi, squadra con la quale disputò due campionati di serie D. L’anno del grande salto fu il 1977, quando a contendersi il suo ingaggio furono il Bologna e il Perugia. L’aspra contesa fra Pascutti, direttore sportivo felsineo, e Ramaccioni del Perugia venne vinta dal secondo che per 280 milioni riuscì a portare nel capoluogo umbro l’emergente giovanotto romagnolo. Pochi mesi dopo il sagace mister Ilario Castagner lo lanciò in prima squadra in quello che appariva il suo ruolo naturale…

Salvatore Bagni era un’ala destra potente e dinamica, capace di inserirsi alla perfezione nei calibrati meccanismi di quella splendida isola felice che era il Perugia di quegli anni. Gli umbri, nel 1978/79, ottennero addirittura un incredibile secondo posto: si tratta di un piazzamento che tuttora è da definire storico (41 punti, a sole tre lunghezze dal Milan campione, e senza neanche una sconfitta in 30 gare). Salvatore era diventato una pedina insostituibile in quel miracoloso Perugia, sapendo interpretare alla grande la sua posizione in campo con un costante apporto di assist e gol (per la precisione, 109 presenze e 24 reti in 4 stagioni). Nell’estate del 1981 Bagni passò all’Inter, il club della sua definitiva affermazione.

A Milano Salvatore rimase tre stagioni, vincendo una Coppa Italia quando in panchina sedeva Eugenio Bersellini. Nel 1982, mentre l’Italia si laureava campione del mondo in Spagna, si profilava la metamorfosi calcistica del ventiseienne emiliano. Si concretizzò, infatti, la svolta tattica che lo fece diventare uno dei più forti giocatori italiani degli anni ’80. Rino Marchesi, arrivato in panchina al posto di Bersellini, lo trasformò da ala destra in mediano, vedendo in lui quelle doti di grinta e dinamismo fondamentali per emergere in questo ruolo. Bagni divenne ben presto un calciatore completo, in grado di contrastare a centrocampo, di marcare con furore l’avversario più pericoloso, ma capace anche (forte del suo passato) di proporsi in fase offensiva, di costruire e di farsi trovare in molte occasioni puntuale all’appuntamento col gol. Con l’Inter, il neo-mediano rimase in tutto per tre stagioni (82 presenze, 12 gol) per poi litigare col presidente Pellegrini e decidere di intraprendere una nuova allettante avventura: nel 1984 Salvatore firmò per il Napoli di Ferlaino…


All’ombra del Vesuvio, Bagni rimase per quattro memorabili annate che resteranno per sempre scolpite nella mente di tutti i tifosi partenopei. La storica conquista del primo scudetto fu, ovviamente, l’apice della gioia e la consacrazione di una squadra fantastica. Il Napoli, guidato in panchina da Ottavio Bianchi, aveva in Diego Armando Maradona la sua stella più illuminante e fu l’argentino il trascinatore tecnico e umano maggiormente decisivo: di questo nessuno può avere dubbi. Ma è altrettanto vero che lo Scudetto del Napoli fu la vittoria di tutto un gruppo che permise a Diego di esprimere al meglio le proprie immense capacità. In particolare, Salvatore Bagni fu il vero guerriero degli azzurri: risultò un elemento determinante, divenendo il solido pilastro della scacchiera di centrocampo costruita da Bianchi. La sua grinta, la decisione nei contrasti e l’eccezionale temperamento furono riconosciuti da tutti: nessuno ha mai saputo quanti chilometri aveva percorso in campo dopo ogni gara, ma di certo era tutto lavoro utilissimo per mettere l’immenso Maradona in condizione di dedicarsi solamente a segnare e a far segnare.

Anche col Napoli, dopo 106 presenze e 12 gol, il distacco fu traumatico: Bagni, insieme a Bruno Giordano, Moreno Ferrario e Claudio Garella, fu protagonista di molte polemiche con l’allenatore e i dirigenti del club. La frattura divenne insanabile e Salvatore quasi scappò da Napoli nel 1988 per accasarsi in serie B con l’Avellino. E fu proprio in Irpinia che, a soli 33 anni, Bagni chiuse la propria attività agonistica: per lui un soddisfacente curriculum con la Nazionale maggiore, con 41 presenze e 5 gol in carniere. Grande lottatore in campo, anche fuori non si lasciava mettere i piedi in testa; e sebbene spesso se ne sia andato sbattendo la porta, ha sempre lasciato un buon ricordo nelle società in cui ha militato, soprattutto fra i compagni. Salvatore Bagni è stato uno degli ultimi gladiatori del nostro calcio, uno che non mollava mai. Forse sarebbe il caso che il buon Ligabue, dopo Oriali, dedicasse una canzone anche a lui…

Lucio Iaccarino