E’ venuto il momento di fare un serio e veritiero revisionismo sulla morte di Luciano Re Cecconi. Un libro inchiesta: “NON SCHERZO RE CECCONI 1977 VERITA’ CALPESTATA” rilegge gli atti processuali.

La bandiera per Luciano Re Cecconi

La bandiera per Luciano Re Cecconi (foto dalla rete)

Si riparte da quella tragica sera del 18 gennaio 1977, dove uno dei giocatori più amati della Lazio Tricolore di Tommaso Maestrelli, uno di quelli che aveva vestito la maglia della Nazionale non fortunata di Germania ’74, fu beffardamente e tragicamente ucciso in una gioielleria della Collina Fliming. Luciano Re Cecconi morì a 28 anni, soprannominato “Saggio” o “Cecconetzer” in onore Gunther Netzer pilastro del Borussia Monchenladbach. Re Cecconi fu colpito dietro la schiena vicino ad un rene da un colpo di pistola esploso dall’orefice Bruno Tabocchini, già vittima di una rapina e timoro di subirne un’altra. Si parlò di uno scherzo finito male. Ci eravamo occupati di questo caso già qualche settimana fa ma oggi a distanza di 35 anni il libro inchiesta “Non scherzo, Re Cecconi 1977, la verità calpestata” rilegge gli atti processuali di quel delitto e, attraverso nuove ricostruzioni e testimonianze inedite, sostiene come Re Cecconi la sera del 18 gennaio 1977 non inscenò nessuno scherzo nella gioielleria di Via Francesco Saverio Nitti.


Non finisce certamente qui: negli archivi RAI, dimenticato e impolverato, viene recuperato anche un docufilm che a causa di un estenuante causa giudiziaria durata 13 anni non mai andato in onda dal servizio pubblico. Bruno Tabocchini e Adorno Panera ottennero la censura giudiziaria del film: “L’APPELLO – IL CASO RE CECCONI” scritto, ripreso e pronto ma mai messo in onda dalla TV di Stato. Si tratta di uno sceneggiato di 60 minuti, girato a Roma, con ambientazioni anche a Nerviano (MI) paese d’origine di Luciano Re Cecconi, alle prese dirette sul campo Maestrelli a Tor di Quinto, nello Stadio Olimpico , ovvero morte e vita di Luciano Re Cecconi. Nella pellicola ci sono anche numerosi compagni di squadra di Luciano, Gigi Martini, Pietro Ghedin tra gli altri, ma anche il Pubblico Ministero Franco Marrone, nella veste di faroguida, impegnato a fornire una serie di elementi probatori avversi l’assoluzione di Tabocchini.

Nella pellicola non mancano le ultime ore di vita del biondo giocatore laziale e la scena del delitto nell’oreficeria con Cecco interpretato da Stefano Davanzati, Fraticcioli da Franco Interlenghi, Ghedin da Andrea Occhipinti e Tabocchini da un ottimo Alessandro Haber; nello sceneggiato compare anche Simona Marchini nei panni della segretaria della Lazio. Il film fu censurato perchè i coniugi Tabocchini pretesero prima di leggere il copione, guardare in anteprima esclusiva la pellicola per poi adire il Tribunale rivendicando il diritto all’identità personale, in pratica bloccando di fatto la messa in onda del film. Secondo l’accusa la pellicola faceva del gioielliere un individuo incolto, avaro e dal grilletto facile. Arrivarono 3 gradi di giudizio: primo grado (1986), appello (1991) e ultimo verdetto in Cassazione (1996) con atto n° 978 depositato in Cancelleria il 7 febbraio 1996 la Sezione della Suprema Corte respinse l’istanza di Tabocchini, privilegiando il diritto di cronaca di RaiSport.

 

Zaffaroni Fabio