I suoi tiri erano cannonate devastanti: Branco conquistò i tifosi del Genoa con la sua potenza. Corretto e leale, vinse il mondiale col Brasile nel 1994!
In una gara del campionato del mondo del 1990, Brasile-Scozia, il centrocampista Murdo MacLeod finì all’ospedale… Una sventura che in passato è toccata a non pochi calciatori, se si pensa a rotture dei legamenti, tagli profondi o traumi dopo contrasti. Il suo era però un caso diverso, perlomeno alquanto singolare. Lo scozzese subì un trauma cranico in seguito ad un pallonata, ma forse è meglio dire missile terra-aria, che lo colpì in pieno viso. C’era un calcio di punizione per il Brasile e questo malcapitato si era piazzato in barriera: il signore che era andato al tiro era un certo Claudio Branco! Per fortuna, MacLeod si riprese dopo qualche giorno di terapie e proseguì normalmente la sua dignitosa carriera, ma certo che l’episodio è davvero significativo.
La carriera del brasiliano Branco si è spesso identificata col suo micidiale piede sinistro, che ha regalato gol e vittorie a molte squadre di club e alla sua nazionale. I suoi tiri dalla distanza erano forti e precisi, talvolta lo schema d’attacco prevedeva proprio i suoi strepitosi inserimenti. E poi calci di punizione, rigori, ma anche cross e calci d’angolo: questo terzino sinistro era utile in svariate circostanze ed era, nonostante lo sguardo da duro, un atleta e un ragazzo corretto e professionalmente ineccepibile.
Claudio Ibrahim Vaz Leal Branco nacque a Bagè il 4 aprile del 1964; mancino naturale, crebbe calcisticamente nell’International e debuttò nella massima serie carioca con la casacca della Fluminense. Il dono che Dio (o il destino, fate voi) gli aveva generosamente elargito era proprio quella facilità di tiro che fin dagli esordi aveva stupito tutti. Il suo sinistro era tritolo allo stato puro: un’arma devastante che andava solo affinata e ottimizzata a dovere. Dopo il titolo in Brasile nel 1984, Branco arrivò subito in Europa e in Italia. Fu ingaggiato infatti dal Brescia, dove però l’inesperienza e la giovane età non gli consentirono di esplodere subito. Con i lombardi, che erano tecnicamente deboli, arrivò pure una retrocessione in serie B. Claudio era comunque promettente anche mentalmente e seppe trarre profitto da questa amarezza; nel 1988 emigrò in Portogallo e fu una saggia decisione. Col Porto vinse un campionato e una Supercoppa ma, soprattutto, si trasformò in un laterale completo e abile sia in fase offensiva che difensiva. I suoi potentissimi tiri diventarono imparabili anche per i portieri più abili e prese confidenza pure con la mitica Seleçao; aveva infatti debuttato in nazionale nel 1985 (in totale, arrivò a 9 gol in 72 apparizioni).
Da noi in Italia Branco divenne famoso proprio dopo i mondiali del 1990, quando il Genoa ripose fiducia in lui ingaggiandolo nel mese di novembre. Furono stagioni indimenticabili e ricche di soddisfazioni per i liguri che, allenati dal grande Osvaldo Bagnoli, stupirono in Italia e in Europa. Claudio si integrò perfettamente con tutti i componenti della squadra, fra cui menzioniamo capitan Signorini, Gennarino Ruotolo, l’esperto Collovati e il duo d’attacco Aguilera–Skuhravy. Il sinistro di Branco andò spesso a segno, e per i tifosi del Genoa divenne uno degli idoli più applauditi. Gol memorabili e indimenticabili, come quello in un accesissimo derby con la Sampdoria e il 2-0 al Liverpool nella gara d’andata dei quarti della Coppa Uefa 1992 .Un Genoa da leggenda, che si impose anche nel ritorno a Liverpool (1-2 con doppietta Aguilera), e Branco fu fra i migliori in campo. Il sogno europeo si spense in semifinale per mano dell’Ajax, ma i Grifoni uscirono a testa altissima.
L’avventura con la Seleçao per Claudio Branco fu un crescendo di emozioni positive; il laterale vinse la Coppa America del 1989 e disputò tre mondiali da protagonista. Nell’ultimo, quello negli Stati Uniti nel 1994, vinse il titolo iridato. Aveva 30 anni, ma il suo sinistro aveva ancora molto da dire: nel combattutissimo quarto di finale con l’Olanda, sul punteggio di 2-2 e con i compagni stremati dalla fatica, fu lui a conquistarsi un calcio di punizione dalla distanza a dieci minuti dalla fine. Rincorsa, bomba e portiere battuto: fu il 3-2 decisivo, il gol più importante della sua vita. Anche perché poi, in finale, nella lotteria dei calci di rigore il Brasile soffiò la Coppa proprio all’Italia. Branco mise a segno il terzo rigore per i carioca, spiazzando Pagliuca e andando subito dopo a stringere la mano all’arbitro ungherese Puhl. Un gesto, quest’ultimo, passato in secondo piano ma che dimostra la grande sportività di questo campione (soprattutto considerando il fatto che il risultato era ancora incerto).
Dopo il successo più importante, Branco rientrò in patria per restarci quasi fino al tramonto della carriera, militando in molti club della massima serie (talvolta cambiando due squadre nello stesso anno). Forse era la voglia continua di rimettersi in gioco oppure l’amarezza di chi non accetta il lento e inesorabile trascorrere del tempo. Per lui anche due brevi avventure in Inghilterra (Middlesbrough) e Stati Uniti (New York MetroStars), entrambe poco felici dal punto di vista professionale. Claudio Branco era e resta un grande del football carioca di tutti i tempi, e le sue gesta sono indimenticabili. Oggi l’ex Genoa è visibilmente sovrappeso ma, quando partecipa a qualche partita di beneficenza o una semplice rimpatriata, il suo formidabile sinistro è ancora temuto come un tempo. E, quando c’è un calcio di punizione per la sua squadra, nessuno dei suoi avversari vuole mettersi in barriera…
Lucio Iaccarino