Per il dopo Platini fu scelto il bomber gallese che aveva spopolato col Liverpool! Arrivarono le polemiche, ma non i gol: un anno di errori e orrori!

Rush

Ian Rush (foto bleacherreport)

Prendiamo in considerazione un cuoco bravissimo, capace di preparare pietanze e prelibatezze da leccarsi i baffi… Bene, ora però immaginiamo un tavolo di una dozzina di persone che hanno appena finito di mangiare; un paio di primi piatti, tre secondi raffinati, dolci e dessert in abbondanza. E il tutto bagnato da pregiatissimo champagne. La domanda è semplice: se il nostro amico cuoco si presenta con le sue opere al cospetto di questa allegra comitiva, cosa credete che succederà?

Ovviamente nulla: chi è già sazio e satollo, difficilmente vuole ancora mangiare… Ian Rush, professione calciatore, arrivò alla Juventus dopo l’addio di Platini e, paragonando il suo caso a quello del cuoco, arrivò in un club che aveva appena vinto tutto. Lui fu un disastro totale e la sua permanenza in bianconero fu una disfatta di ciclopiche dimensioni. Arrivò con l’etichetta stampata del bomber, ma in Italia il vizio del gol svanì clamorosamente…

Ian James Rush nacque a St. Asaph, presso Cardiff, il 21 ottobre 1961; la sua era una famiglia modesta e l’infanzia fu tutt’altro che agevole. Quando aveva 5 anni, si ammalò di meningite e rischiò la vita, costretto per oltre due settimane sotto la tenda ad ossigeno. E purtroppo questa malattia fu solo il primo ostacolo di un’adolescenza difficile, spesso ai limiti della legalità. Ian ne combinava di tutti i colori: provocazioni alla polizia, sbronze memorabili, perfino un furto con arresto e condanna a due anni di carcere con la condizionale.

Finché, per sua fortuna, arrivò il calcio a dare una svolta definitiva nella direzione giusta. Rush entrò nelle giovanili del Chester, squadra della provincia gallese con ambizioni limitate. Fu però molto abile nel mettersi in mostra come prolifico attaccante, al punto da essere conteso da club di prima fascia come il Liverpool, che lo ingaggiò nel 1980 per poi farlo debuttare in prima divisione ad appena 20 anni. Sfrontato e senza nessun timore addosso, il ragazzo stava per esplodere…


Infatti girò tutto per il verso giusto; Rush si rilevò subito goleador di razza e vinse presto lo scetticismo generale. La sua preda era il gol e i mezzi a sua disposizione per procurarsi questa preda erano impressionanti: colpo d’occhio, bravo di testa, astuzia, intuito, velocità d’esecuzione, agilità e potenza. Era un attaccante completo e costringeva i suoi marcatori a non distrarsi mai; alla minima disattenzione il gallese andava inevitabilmente in rete. La sua specialità era quella di avventarsi sulle briciole lasciate da qualche difensore o portiere per poi furoreggiare con le sue invidiate qualità! La Juventus del post-Platini pensò a lui nel 1987, convinta nella bontà dei numeri e delle relazioni di molti addetti ai lavori. Del resto, Rush portava in dote quasi 150 gol con la casacca del Liverpool e ben 2 Coppe dei Campioni, 4 campionati, una Coppa d’Inghilterra e 4 Coppe di Lega. Cifre importanti e che in pochi potevano vantare…

Ian fu accolto a Torino come un eroe, ma l’effetto magico durò pochissimo. Il gallese si dimostrò stranamente timido e quasi a disagio nei confronti della nostra serie A, e smarrì il senso del gol in maniera quasi traumatica, per lui e per i compagni… Nonostante una rosa dall’alto spessore tecnico, con campioni come Scirea e Cabrini e buoni elementi come Laudrup, Tacconi e Brio, la Juventus disputò un campionato anonimo chiudendo al sesto posto. Critiche piombarono sull’allenatore Rino Marchesi, ma le cose andarono peggio a Ian Rush, con i suoi 7 centri in campionato (13 contando le Coppe) che possono addirittura trarre in inganno. Tanti, infatti, i lisci sottoporta e i gol clamorosamente falliti; soffriva i nostri terzini e magari, dopo un fallaccio subito, spariva dal raggio visivo dei compagni. Una delusione in tutti i sensi; talvolta veniva pizzicato in qualche pub o birreria (il vizietto del bere, a differenza di quello del gol, era ancora vivo) e fu aspramente criticato per non aver mai imparato bene l’italiano, dimostrando scarsa professionalità e rispetto per i compagni.


Poco feeling col gol, quindi, ma in compenso Rush si dimostrò almeno intelligente: vista la malaparata (giornali e famosi programmi televisivi cominciarono a prenderlo in giro per la sua imprecisione), decise di non indugiare più di tanto. Così, con la consapevolezza di chi può permettersi di fallire una stagione agonistica, Ian il gallese fece le valigie e abbandonò la serie A dopo quel maledetto 1987/88. Fu riaccolto a braccia aperte dal Liverpool e dai tifosi che da sempre affollano lo stadio Anfield Road. Non fu mai più quello di prima però, anche perché ritrovò una squadra decisamente meno forte rispetto a quella dei primi anni ottanta. Stesso discorso per i suoi ultimi club in carriera, come ad esempio il Leeds, il Newcastle e il tetro crepuscolo in Australia col Sidney Olympic. Forse era lo stesso Rush a non essere più quello di un tempo, provato dalla tumultuosa esperienza italiana. Sembra il titolo di un film noir: il declino di un bomber a soli 27 anni… La serie A può fare anche questo effetto!

Lucio Iaccarino