Soprannominato Pepe, fu campione del mondo con l’Uruguay contro il super-Brasile! Fenomenale col Milan, trascinatore in campo e fuori…
Fu uno dei carnefici del Brasile nel drammatico, almeno per i carioca, campionato del mondo del 1950. Nella finale di Rio de Janeiro del 16 luglio i gol di Schiaffino e Ghiggia regalarono all’Uruguay una Coppa Rimet dal sapore dolcissimo perché imprevedibile e inattesa. Il Brasile perse 1-2 davanti a quasi 200000 spettatori già pronti a festeggiare; quel triste epilogo materializzò un dramma ciclopico per l’intera nazione… Lacrime a getto continuo, disperazione e persino decine di suicidi caratterizzarono le ore e i giorni successivi al misfatto dei carioca, allibiti e sconcertati dal dolore. Schiaffino, che in quel mondiale fu autore di 3 gol e molte altre prodezze, per anni è stato quasi un sinonimo di quel pianto senza fine di un popolo che solo con l’avvento di Pelé riuscì a riemergere e dimenticare.
Juan Alberto Schiaffino nacque a Montevideo, in Uruguay, il 28 luglio 1925. Per molti è uno degli migliori calciatori di ogni epoca, e soprattutto per lo sconfinato popolo sudamericano. Era soprannominato “Pepe” per l’istintiva e innata velocità, che era in grado di sfruttare con sapienza e intelligenza. Schiaffino vide l’alba della sua carriera nella formazione del Penarol, con cui vinse tre campionati uruguayani. Come già accennato, giunse alla fama internazionale nel mondiale del 1950; quattro anni dopo partecipò anche alla fase finale in Svizzera e, pur non bissando il trionfo, si mise ugualmente in mostra. Pepe era un campione completo: in Brasile si era rivelato come un calciatore rigorosamente offensivo, mentre in Svizzera nel 1954 apparve in una veste nuova. Toccava il pallone come i grandi numeri 10, era molto più manovriero e ragionatore. Insomma, era un vero uomo-squadra: il Milan, che all’epoca era a caccia di un regista dall’elevato tasso qualitativo, provò ad ingaggiarlo sbaragliando un’accanita concorrenza…
E Schiaffino arrivò al Milan proprio in quel fatidico 1954, rimanendo in maglia rossonera fino al 1960. Si meritò la stima e il consenso di tutti: elegante nel gioco, geniale nelle invenzioni, dotato di un immenso senso tattico e di una tecnica sopraffina. Col Milan vinse tre scudetti (1955, 1957 e 1959) e una Coppa Latina, disputando in totale 149 gare e segnando 48 reti. Grazie all’esperienza (quando debuttò col Milan era già ventinovenne), fu in grado di mettere a disposizione dei compagni la sua qualità principale, ovvero la capacità di intuire le mosse degli avversari, di anticiparne le intenzioni per rilanciare il gioco a proprio favore. Sintetizzando, Pepe era come un perfetto direttore d’orchestra! Furono famose, all’epoca, le polemiche fra lui e l’allora allenatore milanista Gipo Viani, grande stratega e precursore di un gioco moderno.
Il carattere difficile di Schiaffino si scontrò più di una volta con le necessità di rigore professionale e di obbedienza e regole e richiami, tutti dogmi richiesti dal tecnico. In più, pullulavano in maniera vigorosa inimicizie e screzi anche con gli stessi compagni di squadra. Si parlò persino di risse e contatti ruvidi durante accesissimi allenamenti… Tutto per fortuna rientrava quando l’uruguayano forniva prestazioni in campo pressoché perfette: di certo pure i compagni meno dotati tecnicamente non potevano che beneficiare del suo talento. I suoi lanci calibrati e il suo gioco geniale potevano far esplodere qualità che rischiavano di rimanere nascoste.
Nel 1960 Schiaffino venne ceduto alla Roma per la cifra di 102 milioni, notevole considerando gli ormai sorpassati 34 anni di età. Fu una scelta saggia e soddisfacente per tutti, visto che l’uruguayano diede un buon contributo al club romano, come testimonia la vittoria della Coppa delle Fiere nel 1961. Chiuse la carriera nel 1962, rientrando in Uruguay dove riuscì meritatamente a godersi i guadagni di una carriera lunga e gloriosa. In totale, Pepe monetizzò 21 presenze e 8 gol con la nazionale del suo paese, mentre vanno ricordati anche i 4 gettoni (come oriundo) con la maglia dell’Italia. Schiaffino resta ancora oggi un esempio valido per qualità di gioco e continuità di rendimento, e da solo contribuì a migliorare dal punto di vista tecnico e dello spettacolo il calcio italiano del dopoguerra. Un simbolo supremo di stile, eleganza e concretezza…
Lucio Iaccarino