Andrea Pirlo ha abbandonato la sua ex squadra, il Milan, senza nascondere in più di un’occasione le acredini che ci sono state durante la sua militanza in rossonero. Ecco le rivelazioni tratte dalla sua biografia “Penso quindi gioco” dedicate a Filippo Inzaghi.

Pirlo e Inzaghi

Pirlo e Inzaghi (foto dal web)

Ex compagni di squadra ma non per questo grandi amici, il ritratto che Andrea Pirlo offre di Filippo Inzaghi non è dei più lusinghieri. Quello che traspare dalla biografia di Andrea Pirlo è un Inzaghi ossessionato da strani e a volte “puzzolenti” rituali da consumare in spogliatoio e prima delle partite:

Sempre meglio di Inzaghi comunque, perchè il suo rito era decisamente più invasivo. Cagava. Cagava tantissimo, e questo di per sé è un bene, il fatto però che la facesse allo stadio, nel nostro spogliatoio, poco prima di giocare, ci rendeva alquanto nervosi. In particolare se lo spogliatoio era piccolo, perchè tanta puzza in poco spazio tende a comprimersi. Andava in bagno anche tre o quattro volte nel giro di dieci minuti. “Ragazzi, mi porta bene”. A pestarla mi avevano raccontato, non a produrla o annusarla. “Pippo, a noi no. Ma cos’hai mangiato, un cadavere?”. “I bambini, comunista!” avrebbe urlato Berlusconi, mentre Inzaghi si limitava ad ammettere: “I Plasmon”.

 In effetti la domanda era mal posta. Lui i Plasmon li mangiava per davvero, tutti i giorni, a tutte le ore, e noi lo sapevamo. Un neonato di quasi quarant’anni. Alla fine ne doveva per forza avanzare due e lasciarli sul fondo della confezione, non uno di più e non uno di meno: “In questo modo la congiuntura astrale sta dalla mia parte”. Il famoso allieamento dei pianeti e dei biscotti. “E per carità, non toccate quei due che restano, altrimenti cambia l’equilibrio”. Intestinale, probabilmente. Abbiamo tentato di rubarglieli in tutti i modi, senza successo. Li custodiva gelosamente, egoista nel passare la palla e nel condividere la merenda: “Lo faccio per il vostro bene, i miei gol vi servonoAl di là del dessert per poppanti, vigeva una monotonia assoluta anche nella scelta degli altri suoi piatti: pasta in bianco con un pizzico di sugo rosso e bresaola a pranzo, pasta in bianco con un pizzico di sugo rosso e bresaola a cena. Un menu lungo una vita. A tavola si comportava come quando si trovava davanti al portiere avversario: faceva sempre la stessa cosa, senza fantasia ma con il massimo dell’efficacia. Durante i pasti stava seduto ad aspettare che il cameriere gli portasse le pietanze e quasi lo imboccasse, durante le partite che una palla in qualche modo gli carambolasse addosso e finisse in rete“.

 

Nicola Mirone