La punta ungherese provò il salto in serie A nel Lecce di Mazzone. Due stagioni deludenti, condite dai suoi errori e dalle urla del tecnico! Unica gioia in un derby…

Vincze

Vincze(foto wikipedia)

Lasciando per un attimo da parte l’aspetto tecnico, possiamo senza ombra di dubbio affermare che uno dei personaggi più simpatici ed eccentrici del panorama calcistico italiano è Carlo Mazzone, detto Sor Carletto. Il suo modo talvolta burbero di comunicare, le battute in romanesco, l’atteggiamento bonario ma esplosivo e soprattutto la sua grande umanità e bontà d’animo sono solo alcuni degli ingredienti del “personaggio Mazzone”. E’ stato un buon calciatore negli anni sessanta, ruolo centromediano, ma la sua fama è legata ad una sconfinata e positiva carriera in panchina; ha allenato tantissime squadre, facendosi apprezzare anche in piazze calde e non di primissimo pelo.

Quando allenò il Lecce, ad esempio, fu capace di vincere un campionato di serie B e di traghettare i salentini nella massima serie per due stagioni. In quel periodo pochi lo fecero arrabbiare, se si esclude un presunto talento straniero di nome Vincze: il biondo ungherese arrivò in Puglia nell’ottobre del 1988 ed aveva credenziali importanti. Doveva essere la rivelazione di tutta la serie A, divenne famoso solo per le reazioni del buon Mazzone ad ogni suo clamoroso errore sottoporta…

Istvan Vincze era nato in Ungheria, precisamente il 21 gennaio del 1967 a Tatabanya, e si era messo in luce proprio nel club del suo paese, debuttando giovanissimo e a suon di gol. I dirigenti del Lecce lo visionarono più volte e rimasero colpiti dalla sua rapidità d’azione; Vincze era in teoria anche versatile, seconda punta o ala per lui non faceva alcuna differenza. Era già nel giro della nazionale ungherese e l’approdo in Italia (non aveva ancora 22 anni) era la sua grande occasione: la sua faccia pulita, i capelli biondi e l’aria da bravo ragazzo rappresentavano inoltre un motivo in più per essere ottimisti.

C’è da dire che mister Mazzone stava per compiere un mezzo miracolo con quel Lecce 1988-89: squadra compatta e briosa con gli argentini Pasculli e Barbas, il portiere-poeta Terraneo, l’ala Francesco Moriero, il centrocampista Benedetti e il giovane talento di casa Antonio Conte. L’obiettivo salvezza fu brillantemente raggiunto, con addirittura il 9° posto finale: 31 punti e un centro classifica meritatissimo. Tutti contenti, insomma, tranne lui: Vincze. L’ungherese non si ambientò nel gruppo e in campo era tutt’altro che decisivo, palesando limiti tecnici e agonistici a dir poco preoccupanti. Debuttò contro il Napoli il 16 ottobre e, nonostante la vittoria (1-0, gol di Baroni) fu sostituito dopo un’ora di gioco. Il grande Mazzone aveva già intuito che qualcosa nel ragazzo non andava…

E infatti il campionato di Vincze fu sovente spezzettato, con numerose sostituzioni e anche diverse panchine. Le urla di Mazzone per scuoterlo non ebbero l’effetto sperato, anzi probabilmente finirono col peggiorare la situazione. In appena 17 presenze realizzò soltanto un gol, col Pescara alla dodicesima giornata: l’8 gennaio 1989 il Lecce si impose 1-0 proprio grazie ad un suo acuto al decimo minuto. Il buon campionato dei salentini, comunque, convinse la dirigenza e lo stesso Mazzone a dare un’altra occasione al giovane ungherese: Vincze fu così confermato nella rosa del 1989-90. Il Lecce, con l’organico modificato giusto in 2-3 elementi, stavolta si salvò per il rotto della cuffia: 14° con 28 punti in classifica, giusto una lunghezza in più dell’Udinese retrocessa. Grande sofferenza, quindi, ma la permanenza in serie A era di nuovo garantita: Istvan migliorò il suo rendimento, sia per quanto riguarda le presenze che le reti realizzate, ma in fondo non era poi un’impresa complicata. Per lui 28 gettoni e 3 gol, che per un uomo d’attacco restano francamente pochi: e in campo le lacune erano quelle di sempre, nonostante le direttive “paterne” di Carletto Mazzone!

L’unica reale soddisfazione per Vincze fu il gol partita nel derby Bari-Lecce, terminato 0-1 in favore dei giallorossi proprio grazie ad una sua ficcante conclusione appena dentro l’area. Per una volta, i tifosi lo portarono in trionfo, visto che questa sfida in Puglia è molto sentita. Purtroppo per lui, però, il credito verso la dirigenza leccese si era già esaurito da un pezzo e il suo rendimento troppo altalenante provocò lo strappo definitivo l’estate successiva. Non fu confermato ma, essendo ancora giovane, trovò molti altri contratti nella sua Ungheria: certo, l’amarezza per la bocciatura fu dura da digerire visto che occasioni importanti come quella della serie A italiana non gli si presentarono mai più. Giocò con la sua nazionale per oltre un decennio, arrivando a collezionare 44 presenze e 8 gol. Ma anche qui fu poco fortunato, visto che la selezione magiara era tutt’altro che competitiva, fallendo anche le qualificazioni agli Europei e alla Coppa del Mondo. I bei tempi di Puskas erano davvero lontani…

Lucio Iaccarino