Ecco la lettera scritta da un allenatore alla madre di uno dei propri calciatori, un bambino, ritirato dalla squadra perchè “scarso”.
Spesso i genitori caricano i propri figli di troppe responsabilità, il dibattito è aperto da anni ormai sull’influenza negativa dei genitori nel calcio giovanile. A Passaggio di Bettona, in provincia di Perugia, una madre ha ritirato il proprio figlio dalla squadra di calcio giovanile perchè “troppo scarso” causando la reazione accorata del mister che ha pensato di scriverle una lettera aperta che ha commosso il web.
Ecco il testo della lettera:
“Per me che ho allenato un anno suo figlio sapere che è sua intenzione quella di interrompere l’attività è un piccolo-grande fallimento da allenatore. Un fallimento non solo come tecnico, ma anche come persona, indipendentemente da quelle che sono le problematiche singole del bambino, della famiglia. Non essere riuscito a coinvolgerlo a pieno, a stimolarlo, ad integrarlo al meglio all’interno della squadra, a fargli migliorare quei limiti quel tanto che sarebbe basta a farlo considerare ‘più bravo’ da se stesso, ma anche da sua madre. Volevo comunque dirle che suo figlio non sarà stato il migliore fisicamente, tecnicamente, tatticamente… ma eccelleva, era il più bravo, per la sua attenzione, per l’applicazione delle direttive dategli. Per il rispetto che ha sempre dimostrato nei miei confronti durante gli allenamenti ed alle partite. In questo era il migliore . E’ sicuramente il migliore, basta farlo continuare a giocare, se è quello che lui vuole. Glielo dice uno che, una volta, non aveva spazio a Passaggio di Bettona nella squadra dei suo amici e coetani. A 14 anni stavo per smettere, andai a giocare in un altro ambiente, a Cannara, e trovai il modo di esprimere al meglio quello che avevo dentro. Di migliorare, di vincere tante partite, tante quente ne avevo perse a Passaggio quando, oltrettutto, non veninvo molto considerato dall’ambie e dall’allenatore. A Passaggio di Bettona ci sono tornato a 20 anni, dopo aver vinto anche un campionato juniores nazionale per squadre dilettanti, con il Cannara. Ci sono tornato, prima di infortunarmi e smettere di giocare qualche anno fa, ma smettere di giocare è una delle poche cose che cambierei del mio passato, glielo assicuro! Anche perché nel calcio sono riuscito a dimostrare a me stesso che con la passione ed il lavoro si possono ottenere grandi soddisfazioni personali, senza sotterfugi di sorta, in maniera pulita. Solo facendosi ‘un culo così’, isomma”. Le qualità di suo figlio, sia nella vita settimanale del gruppo, che nella domenica di gara, sono molto importanti per la squadra. Anche per raggiungere quei risultati che, ogni tanto, fanno bene al gruppo stesso. Perché suo figlio, soprattutto a voi genitori, è un bambino che è contento di giocare anche solo 5 minuti. Si impegna col sorriso. Fa un po’ da contraltare rispetto a chi, dotato tecnicamente, gode della fiducia del mister, a volte, non meritandosela e gioca magari controvoglia. Non so se c’era quando fece goal; io mi ricordo bene. E’ stato molto bello vederlo esultare. Una scena quasi da film… chi l’avrebbe mai detto? Forse neanch’io, di certo, però il calcio è anche questo. Se ha avuto quella piccola gioia, se l’è sudata tutta sua figlio. Per questo è più bella! Non lo privi di quei 5 minuti se per lui sono importanti. Alla squadra mancherebbe anche un genitore come te. In un contesto dove tutti gli animi sono esagitati, c’è maleducazione, esasperazione, persone che credono di essere mamma e papà di Messi, Maradona e Van Basten, la sua voce fuori dal coro, ed il suo profilo basso, sono un esempio per gli altri genitori. Ma forse è u po’ troppo fuori dal coro. Talmente tanto che finisce per uniformarsi al coro stesso, se lascia perché suo figlio ‘è scarso’ diventa come quelli che credono di avere il figlio ‘forte’ e sbraitano da fuori la rete peggio dei cani randagi, pretendono spazio e importanza. E questa fine non se la meriterebbe, non la rappresenterebbe. Nel calcio ci vorrebbero più bambini come suo figlio e più genitori come lei. Pensaci e pensateci, anzi: ripensateci!“.
Nicola Mirone