Nel Genoa di Scoglio l’uruguaiano non si ambientò mai, collezionando errori e squalifiche! Una battuta del mister sampdoriano Boskov distrusse la sua carriera italiana!
In suo onore, o meglio disonore, qualcuno pensò di scimmiottare una famosa canzone della bella e brava Caterina Caselli. Nel 1966 la ventenne modenese vinse il Festivalbar con “Perdono”, nel 1989 invece tutti quelli che volevano bene al Genoa gridavano “Perdomo”, l’acquisto flop del club ligure. Sfortunatamente, però, le grida divennero presto insulti e invettive per questo modesto centrocampista uruguaiano che era arrivato con il solito corollario di buone intenzioni.
A voler essere cattivelli, tuttavia, potremmo dire che la parola “Perdono” non fu mai pronunciata dai veri colpevoli di tutta questa nefasta faccenda, e cioè da quei dirigenti rossoblu che sciaguratamente lo misero sotto contratto. Ed era davvero un’impresa perdonarli, soprattutto guardando gli scempi che combinava in campo questo ragazzo venuto dal Sudamerica…
Josè Battle Texeira Perdomo nacque in Uruguay, precisamente a Salto il 5 gennaio del 1965, ed era sempre stato fedele alla causa del Penarol, storico e pluridecorato club del suo paese. Mai nessuno, neanche dalle sue parti, aveva giurato che lui fosse un campione ma sul suo conto non c’erano dubbi: Perdomo era un ottimo centrocampista. Il suo identikit? Un mediano tuttofare, capace prevalentemente di ringhiare e combattere su ogni pallone e tamponare le amnesie dei compagni. Forse in fase di impostazione non era un maestro, ma le sue performance con la nazionale uruguaiana rappresentarono comunque un motivo in più per credere nelle sue capacità.
Fu così che Perdomo trovò spazio in Italia, accasandosi nel Genoa nel 1989-90. I liguri erano allenati dal grande Franco Scoglio, che l’anno prima aveva dominato il campionato di serie B: ora c’era grande entusiasmo e voglia di stupire. Nel Genoa quell’anno abbondavano i nomi eccellenti, dal campione del mondo Fulvio Collovati fino a capitan Signorini, Gennarino Ruotolo, Eranio, Davide Fontolan e Vincenzo Torrente. I tre stranieri utilizzabili erano tutti uruguagi: non solo Perdomo, quindi, ma anche il centravanti Pato Aguilera e Ruben Paz. Inutile sottolineare, comunque, che il peggiore del trio fu proprio Perdomo…
Il suo debutto ufficiale in serie A fu una brutta sconfitta casalinga (0-2 con la Roma il 6 settembre 1989); seguirono altre prestazioni sottotono, che gli furono condonate solo perché il Genoa conquistò un discreto bottino di punti. Mister Scoglio, da valoroso condottiere, ci mise la faccia: lui era strasicuro delle qualità di Perdomo e non si lasciò mai intimidire dalle critiche di stampa e tifosi, piazzandolo sempre in mezzo al campo e da titolare. Il suo atto di coraggio, però, non fu premiato dal destino, visto che Perdomo continuò a giocare malissimo, senza mai ambientarsi al nostro calcio. Era troppo lento e macchinoso, senza contare il colossale numero di passaggi sbagliati. Finiva spesso per innervosirsi, e di conseguenza la sua proverbiale aggressività gli procurava altri guai, cartellini gialli e rossi compresi… Le sue uniche possibilità di riscatto potevano, in teoria, essere i due derby della Lanterna con la Sampdoria, ma in questo caso la storia divenne addirittura grottesca. L’allenatore blucerchiato Boskov arrivò addirittura a deridere, sia prima che dopo, l’uruguaiano asserendo testualmente che: “Il mio cane gioca meglio di Perdono”!
Sarebbe bello poter raccontare che l’uruguagio sfoderò, almeno stavolta, prestazioni superbe per ricacciare in gola questo tipo di provocazioni, ma non fu affatto così. Nei due derby (che per gli amanti delle statistiche terminarono 1-2 per la Samp e 0-0) Perdomo continuò a giocare male, oscillando fra il 4 e il 5 nelle pagelle dei giornali sportivi più importanti. Anche Scoglio alla fine dovette arrendersi, per l’ex Penarol la bocciatura era completa. Fortunatamente il Genoa riuscì a salvare la categoria, e non deve ingannare l’undicesimo posto finale: con 29 punti, infatti, i liguri restarono in serie A per appena due lunghezze (l’Udinese quart’ultima si fermò a quota 27).
La stagione era salva, quindi, ma a Perdomo non fu concessa nessuna seconda opportunità! In Italia non c’era più spazio per lui, così provò a rimettersi in gioco in Inghilterra (Coventry) e Spagna (Betis) ma i risultati continuarono a rimanere scadenti. Così rientrò in Sudamerica, dove godeva ancora di molti crediti ed estimatori, come ad esempio il Penarol. Con la maglia della sua nazionale, l’Uruguay, collezionò 27 presenze e 2 gol, uno dei quali realizzato nel leggendario catino di Wembley nel 1990: Inghilterra-Uruguay 1-2! Inoltre Perdomo vinse anche la Coppa America nel 1987, in Argentina. Dopo il ritiro dal calcio giocato, Perdomo è stato anche allenatore ma successivamente si è dedicato ad altre attività; chissà quanti e quali ricordi gli restano della nostra Italia. Forse la bellissima città di Genova, i colleghi o i connazionali Ruben Paz e Aguilera, ma probabilmente anche il famigerato cane di Boskov. E poi dicono che il cane è il miglior amico dell’uomo…
Lucio Iaccarino