Il Barcellona vince al “Santiago Bernabéu” con un Messi favoloso, autore di tre gol e un assist. Il Madrid di Ancelotti meritava di più. Ora la Liga spagnola è attesa da un finale trepidante.
Quando uno immagina “el Clásico”, pensa ad una cornice grandiosa, a tanti campioni, tanti gol, giocate spettacolari, ribaltamenti e rimonte, tensione alle stelle. Non sempre è così. Ci son state gare noiose e gare scontate in passato. Ieri sera, però, il palato dello spettatore voglioso di calcio è stato più che soddisfatto: il Barcellona ha battuto il Real Madrid in trasferta per 4-3, riaprendo la corsa al titolo di Liga, una corsa che da almeno sette anni non era così incerta ed entusiasmante.
Protagonista del “partido” è stato Lionel Messi, autore di tre gol (secondo hattrick al “Santiago Bernabéu” per l’argentino, dopo quello del 2007) e di un assist, vincendo nettamente il duello con un frustrato Cristiano Ronaldo. Ma è stato tutto il Barça che ha fatto una gran partita, tornando su livelli eccellenti, pur soffrendo, pur sbagliando molto, pur mancando in quel pressing alto che è stato il vero segreto dei suoi recenti successi. Il Madrid è uscito comunque a testa alta, non meritava di perdere e resta ancora favorito alla vittoria finale del torneo.
In un “Bernabéu” strapieno, Ancelotti e Martino non han lasciato spazio a sorprese nelle formazioni iniziali. L’ex-tecnico del Milan ha schierato: Diego López; Carvajal, Sergio Ramos, Pepe, Marcelo; Xabi Alonso, Modric, Di María; Bale, Benzema e Ronaldo. L’argentino ha risposto con: Víctor Valdés; Dani Alves, Piqué, Mascherano, Jordi Alba; Xavi, Busquets, Cesc; Neymar, Messi e Iniesta. E la gara è iniziata senza fasi di studio, col Barcellona a cercare il gol subito ed il Madrid a pressare alto per frustrare le ambizioni rivali. Non son stati necessari neanche dieci minuti prima di sbloccare il risultato: Messi si incunea tra le linee, i difensori si aggruppano intorno a lui e lasciano solo Iniesta sulla sinistra; assist della “Pulga” per l’eroe del passato Mondiale e sinistro potente su cui niente può Diego López. 0-1.
Qui ci si aspetterebbe un Barça che abbassa i ritmi ed un Madrid che subisce il colpo, ma non è così. Nel giro di venti minuti almeno cinque occasioni chiare dal gol. Una di Messi, che lanciato splendidamente da Xavi incrocia troppo il sinistro a tu per tu col portiere rivale. Quattro di Benzema, tutte su assist di Ángel Di María (sicuramente il migliore dei suoi), due delle quali si trasformano in altrettanti gol per il 2-1 blanco. L’ultimo quarto d’ora del primo tempo è stato più tranquillo, sembrava che il Barça non ce la facesse, stordito dalla rimonta subita. È in queste situazioni che il campione fa la differenza. E Messi è un campione: triangolo con Neymar e tiro mancino in gol per il 2-2 che chiude il primo tempo, non prima che Benzema sfiori la terza rete con un colpo di testa che accarezza il palo alla sinistra di Víctor Valdés.
Il secondo tempo si è caratterizzato per l’anomala assegnazione di ben tre calci di rigore (ed entrambe le squadre han protestato per un penalty a testa non fischiato). Il primo al 55’ per un fallo fuori area di Dani Alves su Cristiano Ronaldo, che il portoghese trasforma nel 3-2. Il secondo dieci minuti dopo per un tocco di Sergio Ramos su Neymar, molto leggero, che costa al capitano madridista il cartellino rosso e permette a Messi di fare il 3-3. Il terzo – il più netto – è tutto di Andrés Iniesta, che tenta una serpentina tra Xabi Alonso e Dani Carvajal e viene atterrato, facendo si che ancora Messi possa segnare dagli undici metri, fissando a cinque minuti dal termine il risultato sul 4-3 con cui si chiude il match.
Al di lá del risultato, è stato un bel confronto. Due squadre, forse le due migliori al mondo, che si son battute a viso aperto, senza timori né tatticismi eccessivi. Non è esagerato dire che Madrid-Barcellona è il massimo che il calcio moderno possa offrire. C’è tutto: grandi portieri, grandi difensori, grandi centrocampisti e grandi attaccanti; c’è sempre qualcosa di concreto (il titolo di Liga ieri, la Copa del Rey il mese prossimo e chissà che non vedremo un nuovo “Clásico” anche in Champions League) in gioco; rispetto al passato, il calcio spagnolo si è evoluto anche tatticamente, le gare son dure ed interessanti; non mancan mai neanche le polemiche e da qualche anno non è inusuale che finisca pure a botte (anche ieri diversi colpi proibiti ed un paio di accenni di rissa).
Con questo risultato la Liga si riapre. Nel pomeriggio l’Atlético Madrid di Diego Simenone aveva vinto in casa del Betis ed ora la classifica recita: Atlético Madrid, 70 punti; Real Madrid, 70 punti; Barcellona, 69 punti. I “colchoneros” sono primi in virtú del gol average (scontri diretti favorevoli), mancan nove giornate al termine, già questo Mercoledì il Madrid è atteso all’esame del “Sánchez Pizjuàn” contro un Sevilla che viene da cinque vittorie consecutive, e all’ultima giornata c’è Barcellona vs Atlético Madrid. Insomma, saran due mesi intensi e bellissimi.
Intanto, il Real Madrid di Carlo Ancelotti interrompe una striscia di imbattibilità che durava da 31 gare, esattamente dal “Clásico” d’andata: 18 partite di Liga (15 vittorie e 3 pari), 5 di Champions (pari con la Juve, poi solo trionfi), 8 di coppa nazionale (1 pari e 7 vittorie). Per i catalani una iniezione di fiducia, avendo portato a casa l’unico risultato che gli permetteva di restare in corsa per il titolo di cui son detentori. Messi, da par suo, continua a bruciare record, già che coi tre gol segnati a Madrid, si converte nel massimo goleador del “Clásico”, 21 segnature in 27 gare, staccando Di Stéfano (18 in 30 gare) e lasciando sempre più indietro Raúl (15 in 37 gare). Inoltre, supera Hugo Sánchez al secondo posto della graduatoria dei bomber della Liga, raggiungendo le 236 reti (234 per il messicano) e puntando ora il mitico Telmo Zarra, che tra il 1912 ed il 1929 segnò 351 gol.
Ma pur lasciando da parte numeri, gol e statistiche, lo spettatore ieri sera è andato a dormire soddisfatto, se non estasiato. Per noi italiani c’è un pizzico di tristezza: il nostro calcio sbiadisce in misura imbarazzante al confronto col livello spagnolo. E non è neanche questione dei mezzi economici per acquistare Bale e Neymar che c’è chi ha e chi no. Semplicemente in Spagna si gioca bene a pallone. Anzi, semplicemente in Spagna si gioca a pallone, nel senso che si cerca il gol con allegria e coraggio, senza paura di perdere, con nella testa un concetto basico ed ovvio: vince non chi subisce meno, ma chi segna più gol dell’avversario.
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Mario Cipriano