Il terzino sinistro dell’Inter diventò un simbolo negativo del 5 maggio 2002: errori madornali e titolo alla Juve. Lo slovacco non si è mai più ripreso!
Aveva quindici anni quando, nelle sale cinematografiche di tutto il mondo, uscì il film “Un giorno di ordinaria follia”, per la regia di Joel Schumacher e con l’ottimo protagonista Michael Douglas. Questo giovane e biondissimo slovacco, pur non essendo un appassionato, fu come folgorato da quella pellicola: il titolo, da solo, era il triste presagio per i nefasti avvenimenti sportivi in cui fu coinvolto in prima persona molto tempo dopo. Anno 2002: il ragazzo, al secolo Vratislav Gresko, era diventato un calciatore professionista e giocava in serie A difendendo i colori dell’Inter. Insieme alla sua squadra era ad un passo dalla conquista dello Scudetto, titolo che mancava dalla stagione 1988-89.
Il 5 maggio l’Inter era ancora meritatamente in testa alla classifica e tutto sembrava pronto per la festa tricolore: una sola gara da giocare, un avversario senza stimoli e tanti tifosi entusiasti e in delirio. Gresko e compagni, invece, videro improvvisamente riaffiorare il ricordo di quel film e trasformarono quel 5 maggio in un giorno di ordinaria follia. L’Inter buttò alle ortiche l’occasione della vita, una serie di clamorosi errori coinvolse sia i campioni che i gregari in casacca nerazzurra. E fra i principali colpevoli c’era proprio lui…
Vratislav Gresko nacque il 14 luglio del 1977 in Slovacchia e, dopo una sana e doverosa gavetta, riuscì a guadagnare un contratto importante in uno dei club più conosciuti di Bratislava, che curiosamente si chiama proprio Inter Bratislava: un altro segno del destino? Alto e fisicamente ben piazzato, Gresko era un difensore centrale che, superata l’età giovanile, modificò la sua posizione trasformandosi in terzino sinistro. La facilità di corsa era uno dei suoi cavalli di battaglia; magari non era Paolo Maldini ma riuscì a far parlare di se anche fuori dei confini nazionali. Difatti nel 1999 fu acquistato dal Bayer Leverkusen, in Germania, dove però qualche piccolo infortunio ne limitò il rendimento.
L’anno dopo Gresko debuttò con la maglia della nazionale slovacca, mentre in precedenza era stato uno dei punti di forza della rappresentativa Under 21. Fu proprio durante le qualificazioni europee di categoria che alcuni emissari dell’Inter misero gli occhi su di lui: la squadra del presidente Moratti era a caccia di un cursore sinistro giovane ma di valore, visto che dopo il clamoroso divorzio con Roberto Carlos (estate del 1996) il ruolo era virtualmente vacante. Il mister dei nerazzurri Tardelli, che era subentrato a Lippi nell’ottobre del 2000, si ricordò di Vratislav e diede l’ok per il suo ingaggio. L’aspetto stupefacente di tutta la faccenda fu però la cifra sborsata da Moratti: quasi 15 miliardi delle vecchie lire! Davvero troppi, fu un affare soprattutto per il Leverkusen…
Tutto sommato, comunque, il rendimento di Gresko non fu un perpetuo supplizio, come molti pensano. Durante il primo anno l’Inter era un cantiere dove regnava sovrana la confusione e lo slovacco giocò un discreto numero di partite. L’anno successivo in panchina arrivò l’argentino Hector Cuper e la squadra, composta da campioni sempre più celebrati come Ronaldo e Vieri, riuscì a guadagnare la prima posizione in classifica grazie ad un calcio pragmatico e incisivo. Gresko si limitava spesso al compitino, non faceva sfracelli ma neanche danni irreparabili. Almeno fino al drammatico 5 maggio 2002…
Contro la Lazio all’Olimpico, davanti a 60000 spettatori, l’Inter perse 4-2 e consegnò un titolo già vinto nelle mani della Juventus di Del Piero. Il nostro Vratislav Gresko giocò malissimo, sommando errori su errori: la frittata più colossale fu l’assist involontario e grossolano a Poborsky per il secondo pareggio dei biancocelesti. Quello sciagurato intervento fece il giro d’Italia e del mondo, divenendo quasi il simbolo della disfatta dell’Inter. Il suo futuro era segnato: Gresko fu bersagliato dalla stampa, dai tifosi e persino il presidente Moratti, in genere tranquillo e pacato, era fuori di se. L’estate successiva passò al Parma, ma in Emilia gli echi delle sue papere erano ancora un ricordo troppo vivido nella mente di tutti…
In sei mesi appena 5 apparizioni ufficiali, davvero poche per pensare in grande: così Gresko salutò definitivamente la nostra serie A approdando prima in Inghilterra e poi di nuovo in Germania. Tre stagioni nel Blackburn (dove subì un infortunio molto serio ai legamenti del ginocchio), poi Norimberga e ancora Leverkusen. Col Norimberga vinse la Coppa di Germania nel 2007, anche se nel 3-2 in finale con lo Stoccarda non era in campo e neanche in panchina. Tornato definitivamente in patria, Gresko (che vanta inoltre 34 presenze e due gol con la Slovacchia) continua a calcare i campi di calcio e punta a diventare nel giro di qualche anno allenatore professionista. In Italia è ancora tristemente famoso, lui invece ha cercato di scacciare dalla sua mente le pagine più buie dei suoi trascorsi all’Inter. E, soprattutto, quando compra un calendario, cancella con un pennarello nero una data: il 5 maggio!
Lucio Iaccarino