Piccolo ma sgusciante, lo svedese conquistò l’Italia realizzando 190 gol in A! Nel cuore dei tifosi della Fiorentina e del Milan, fu vice-campione del mondo nel 1958.

Hamrin

Kurt Hamrin(foto l’altrocalcio.it)

L’allenatore decisivo per le sue sorti italiane fu senza ombra di dubbio il grande Nereo Rocco, che a quei tempi era un personaggio ineguagliabile per carisma, bravura e popolarità. C’era questo piccolo, esile ma promettente campioncino svedese di nome Hamrin che era arrivato in Italia debuttando con la Juventus nel 1956. La sua prima stagione non aveva entusiasmato quasi nessuno; qualche piccola incomprensione ambientale e un fastidioso stop muscolare avevano disilluso l’ambiente bianconero. L’attaccante fu ceduto al Padova diretto proprio da Rocco, storico maestro del catenaccio e famoso per le sue intuizioni. Fu lui il primo in Italia, infatti, a capire le grandi qualità di Hamrin, valorizzandone le potenzialità inespresse. Lo abituò a sgusciare velocemente sulla fascia destra facendolo diventare un abile interprete dei contropiedi e un finalizzatore prolifico e letale. Nereo Rocco studiò inoltre un programma di allenamento e cure specifiche per lo svedese, che aveva una costituzione debole e con le caviglie talmente fragili da subire spesso infortuni e traumi…

Kurt Hamrin era nato nel 1934 a Stoccolma, in Svezia, e si era messo in mostra come centravanti proprio nell’AIK segnando 54 reti in 62 partite. Arrivò giovanissimo in Italia e la svolta arrivò proprio nella già citata esperienza al Padova: in quel 1957-58 Hamrin segnò addirittura 20 gol, contribuendo al sorprendente terzo posto finale in campionato. Cominciavano ad emergere le sue splendide doti, soprattutto l’innato senso del gol, l’opportunismo e la capacità di trarre vantaggio da ogni situazione contingente, anche inaspettata.


I grandi club della nostra serie A non rimasero insensibili al fascino di questo biondo svedese e si scatenò una vera e propria asta per ingaggiarlo. Fu la Fiorentina, che tre anni prima aveva vinto lo scudetto e nelle due stagioni successive l’aveva sfiorato, a spuntarla e a metterlo sotto contratto. Hamrin si guadagnò il soprannome di Uccellino, proprio per la stazza minuta e la grande agilità in campo: i fiorentini si innamorarono subito di lui, dotato di uno scatto e un guizzo fulmineo che lo rendeva imprendibile come un uccellino svolazzante nelle aree avversarie.

In maglia viola Kurt Hamrin giocò ben nove stagioni e fu una stella di prima grandezza insieme ai vari Albertosi, De Sisti, Chiarugi, Da Costa e Merlo. Lo svedese furoreggiò e sbancò molti record in casa Fiorentina,  disputando 289 partite e realizzando 211 gol fra campionato e coppe. Ancora oggi è Hamrin il primo marcatore assoluto della storia del club, mentre considerando solo le reti in serie A deve accontentarsi del secondo posto, ma per una sola lunghezza, alle spalle dell’argentino Gabriel Batistuta: 150 contro 151 gol! La Fiorentina, ai tempi dell’Uccellino Hamrin, era una squadra ben organizzata e con grandi aspirazioni: dopo aver vinto lo scudetto nella stagione 1955-56, arrivò seconda in campionato per quattro anni consecutivi. Kurt all’inizio doveva sostituire il brasiliano Julinho, idolo dei tifosi, che si apprestava a rientrare in patria. Il compito era arduo, ma lo svedese riuscì nell’impresa grazie al controllo elegante di palla, al dribbling stretto e soprattutto grazie alla grande confidenza col gol. Vinse la Coppa Italia per due volte, nel 1961 e nel 1966 (a segno nel 2-1 in finale col Catanzaro). Sempre nel 1961, Hamrin e la Fiorentina alzarono al cielo la prima storica edizione della Coppa delle Coppe (Kurt ancora a segno nella finale di ritorno con i Rangers Glasgow).


Nel 1967, a 33 anni, si trasferì al Milan dove ad aspettarlo in panchina c’era il vecchio maestro Nereo Rocco. Nonostante l’età, l’Uccellino si dimostrò ancora pungente e decisivo: coi rossoneri vinse il suo unico scudetto italiano (1968), la Coppa dei Campioni dell’anno successivo (giocando spesso in una posizione inedita) e un’altra Coppa delle Coppe nel 1968. Ancora una volta fu l’uomo partita in questa competizione, realizzando la doppietta risolutrice al 3° e al 19° nella finale di Rotterdam: Milan-Amburgo 2-0. Chiuse la carriera calcistica nel Napoli, dove però non riuscì mai ad esprimersi ai suoi livelli abituali: lo score totale in serie A è di 190 gol in 400 presenze tonde tonde, mentre la città che gli è rimasta maggiormente nel cuore (e lui ha girato parecchio) è senza dubbio Firenze. Con la nazionale svedese Kurt Hamrin realizzò 16 gol in 32 partite, mantenendo così l’invidiabile media di un gol ogni due partite. Il punto massimo fu di certo l’emozionante Coppa del mondo del 1958, svoltasi proprio in Svezia. L’Uccellino, insieme a compagni del calibro di Liedholm, Gren e Skoglund, giocò un ottimo torneo: segnò 4 reti, compresa quella in semifinale contro la Germania Ovest. Il sogno iridato della Svezia e di Hamrin si interruppe solo in finale: il 29 giugno il Brasile di Vavà e soprattutto Pelé si aggiudicò in rimonta (5-2 il risultato al novantesimo) il primo titolo mondiale della sua storia.

 

Lucio Iaccarino