Johann Cruijff provò a ripetere a Barcellona l’esperimento della “Quinta del Buitre”, ma i risultati furono molto diversi.

La Quinta del Mini  (foto www.colgadosporelfutbol.com)

La Quinta del Mini (foto www.colgadosporelfutbol.com)

Nel calcio, come in altri ambiti della vita, le imitazioni non sono mai uguali all’originale, a volte vengono meglio, ma generalmente risultano essere solo brutte copie. Tanti, ad esempio, hanno provato negli ultimi anni ad imitare l’ormai famoso “modello Barcellona”, con risultati spesso quasi comici.

Ci fu un tempo, però, in cui fu proprio il Barcellona chi volle imitare una formula altrui, ma non quella di un “altrui” qualsiasi, bensì dell’acerrimo rivale. Cruijff, resosi conto che il suo “Dream Team” aveva esaurito le batterie, provò a ridar vita al Barça con una iniezione di gioventù, ma le cose non andarono come sperava . . . .

Johann Cruiff  (foto www.backpagefootball.com)

Johann Cruiff (foto www.backpagefootball.com)

Estate 1995. Il Barcellona allenato da Johann Cruijff era arrivato 4º in Liga dopo averla vinta nelle quattro stagioni precedenti, anni d’oro in cui i blaugrana avevano messo in bacheca anche una Copa del Rey, tre Supercoppe di Spagna ma soprattutto la loro prima Coppa dei Campioni e la conseguente Supercoppa Europea.

Il ciclo, però, sembrava essere finito già da un anno, quando il “Dream Team” era crollato ad Atene sotto i bombardamenti del Milan di Capello. A conferma del cambio radicale in corso, la partenza delle stelle Romário, Michael Laudrup, Hristo Stoichkov, Andoni Zubizarreta e Ronald Koeman. Fu così – anche considerando che i nuovi arrivati Hagi, Prosinečki, Figo, Popescu e Kodro non riuscivano a far dimenticare gli illustri addii – che il guru olandese decise di puntare su una generazione di ragazzi della Masía che a livello giovanile stava facendo faville.

Albert Celades, Óscar García, Roger García, Toni Velamazán e soprattutto un diciannovenne centrocampista cantabro dai piedi fatati e dall’inconfondibile pelata di nome Iván De La Peña furono gli eletti ad integrare la prima squadra. In un azzardato parallelismo con la trionfale “Quinta del Buitre” che pure giungeva al tramonto (proprio quell’estate andò via da Madrid Emilio Butragueño), la stampa spagnola battezzò questa nidiata di talenti come “La Quinta del Mini”, dal nome dell’impianto adiacente al “Nou Camp” in cui gioca la squadra B del Barça, chiamato appunto “Mini Estadi”.

Nei primi tempi i risultati furono ottimi, l’entusiasmo tornò a Barcellona con la speranza di rinverdire i fasti del recente passato tramite una iniezione di ossigeno, peraltro con ragazzi giovani ed in gran parte catalani. Celades (classe 1976) era un centrocampista polivalente, generoso, dai piedi buoni e dall’ottima visione di gioco; Óscar, il più anziano del gruppo (classe ’73), era una mezzapunta moderna, molto duttile, non anarchica né eccessivamente fantasiosa, tatticamente impeccabile ed abilissima negli inserimenti da dietro; suo fratello minore Roger (classe ’76) era un centrocampista offensivo molto potente, dotato di un tiro dalla distanza terrificante; Velamazán (’77) era un fantasista classico, un nº 10 con la giocata a effetto sempre in canna; “el Pelat” De La Peña (’76), infine, ci metteva la magia, aveva l’abilità e l’istinto dei grandi geni del pallone, vedeva gli spazi come nessuno e metteva la palla dove voleva.


Ivan De La Peña  (foto www.colgadosporelfutbol.com)

 Ivan De La Peña (foto www.colgadosporelfutbol.com)

Protetti dall’ombra lunga di Cruijff e dall’esperienza e la benevolenza di giocatori già affermati come Nadal, Amor, Guardiola, Ferrer, Busquets, Sergi e Bakero, la loro irruzione in prima squadra fu inizialmente accompagnata da grandi prestazioni, la squadra aveva ritrovato smalto ed inseguiva in Liga l’Atlético Madrid ed il Valencia, con la convinzione di poter tornare a primeggiare in patria. Anche in Copa del Rey le cose filavano lisce, con Hércules Alicante, Deportivo Numancia ed Espanyol liquidati facilmente.

Lo stesso in Coppa UEFA, dove i catalani lasciarono per strada l’Hapoel Be’er Sheva (goleado con un complessivo 12-0 in cui andarono in gol De La Peña, Óscar, Roger – autore di un hattrick nella gara d’andata – e Velamazán), il Vitória Guimarães (7-0 tra andata e ritorno, con Celades a segno in entrambe le gare), il Siviglia ed il PSV Eindhoven di Ronaldo.

Si arrivò, così, ad Aprile, alla fase cruciale della stagione, con la squadra in Finale di Copa del Rey, in Semifinale di Coppa UEFA e seconda in Liga a soli 3 punti dall’Atlético Madrid capolista. Fu lí che il “Barcelona de la Quinta del Mini” venne meno, buttando alle ortiche in soli dieci giorni la stagione intera, ma pure chiudendo definitivamente un ciclo ed impedendo addirittura l’apertura del nuovo: il 10 Aprile 1996 alla “Romareda” di Zaragoza Cruijff diede una immeritata occasione d’oro a suo figlio Jordi, preferendolo a De La Peña, ed un gol di Milinko Pantić ai tempi supplementari finì col consegnare la coppa nazionale all’Atlético Madrid; tre giorni dopo, un deludente 1-1 a Santander impedì alla squadra di portarsi a -1 da Simeone e compagni in campionato alla vigilia dello scontro diretto; il 16 Aprile il “Camp Nou” fu espugnato dal Bayern Monaco 2-1 nella Semifinale di ritorno di Coppa UEFA (2-2 in Germania all’andata); infine, il 20 Aprile l’Atlético ipotecò la Liga vincendo a Barcellona 3-1 (ancora Jordi Cruijff titolare, ‘sta volta preferito a Óscar).

Per secondo anno di fila il Barcellona non aggiungeva nuovi trofei alla sua bacheca . Le relazioni tra i dirigenti e lo staff tecnico erano ormai deteriorate, tanto che a due giornate dalla fine (15 Maggio), dopo un deludente pari nel derby contro l’Espanyol e una furiosa lite col vice-presidente (e futuro presidente) Joan Gaspart, Cruijff fu esonerato, chiudendo definitivamente l’era del “Dream Team”.

Mourinho, Robson e Ronaldo celebrano la Coppa delle Coppe vinta nel 1997 col Barcellona  (foto www.www.dailymail.co.uk)

Mourinho, Robson e Ronaldo celebrano la Coppa delle Coppe vinta nel 1997 col Barcellona (foto www.www.dailymail.co.uk)

La stagione successiva sulla panchina blaugrana arrivò l’inglese Bobby Robson (con al seguito il traduttore José Mourinho) e con lui tanti nuovi acquisti, dalla stella Ronaldo al rientrante Stoichkov, dal capocannoniere Pizzi a Luís Enrique, da Fernando Couto a Laurent Blanc, da Amunike (stella della Nigeria medaglia d’oro alle Olimpiadi di Atlanta) al brasiliano Giovanni. La “Quinta del Mini” perse il suo primo membro con la partenza di Toni Velamazán per Oviedo, mentre Celades non trovò spazio a causa dei nuovi arrivi; i fratelli García Junyent piacevano al nuovo tecnico e De La Peña si impose all’apparenza definitivamente, divertendosi nel lanciare in profondità il “Fenomeno” Ronaldo.

Nonostante un’ottima stagione in cui il Barcellona vinse la Supercoppa di Spagna (contro un Atlético in disarmo), la Copa del Rey (in finale contro il Betis) e la Coppa delle Coppe (1-0 a Rotterdam contro il PSG campione uscente), Robson decise di andar via, lasciando la panchina a Van Gaal, che diede inizio ad un periodo in cui le giovanili furono inizialmente lasciate da parte per far spazio ad un arrivo in massa di olandesi più o meno buoni.

Il primo a far le spese della rivoluzione in orange fu De La Peña, che passò alla Lazio per 30 miliardi delle vecchie Lire (più Fernando Couto per agevolarne l’ambientamento alla nuova realtà); il “Piccolo Budha” non ebbe fortuna in Italia, martoriato dagli infortuni, e passò anche per l’OM (oltre ad un fugace rientro al “Camp Nou”), prima di sistemarsi all’Espanyol, dove ritrovò brillantezza e continuità, raggiungendo addirittura la nazionale e chiudendo nel 2011 una carriera che prometteva molto di più.

Celades, Óscar e Roger furono defenestrati dall’olandese nel 1999: il primo, dopo un anno al Celta Vigo, giocò per quattro stagioni nel Real Madrid (intermezzate da una al Bordeaux), quindi tre anni al Real Zaragoza e la chiusura tra Stati Uniti (New York Red Bull) ed Hong Kong (Kitchee), mentre oggi allena la nazionale spagnola Under-21; Óscar fece un anno al Valencia, trovò continuità all’Espanyol e chiuse al Lleida in Segunda División, iniziando anche lui una carriera di allenatore che in settimana lo vedrà competere nei Play-off di Europa League col Maccabi Tel Aviv; Roger, infine, giocò quattro anni all’Espanyol e tre al Villarreal, non potendo mai mostrare a pieno le sue qualità a causa dei continui infortuni, chiudendo la carriera a soli 30 anni nell’Ajax.

Quello della “Quinta del Mini” fu il primo tentativo di iniezione massiva di talenti della Masía nella prima squadra del Barcellona, precedendo di dieci anni il secondo, che ha portato ai fenomenali risultati degli ultimi anni.

Un riassunto con tutti i gol della stagione 1995-96 del Barcellona, quella dell’irruzione della “Quinta del Mini”.

Mario Cipriano