Attaccante svedese atipico,arrivò al Cesena di Bigon in cerca di consacrazione.Un solo gol, anche se col Milan, non lo salvò dal patibolo. Fu Lippi a rimandarlo a casa.
Per passare alla storia, o comunque per essere ricordati nel tempo, è spesso utile avere caratteristiche uniche, differenziarsi dagli altri con originalità o possedere requisiti particolareggiati. E’ altresì ovvio che queste qualità devono essere migliorative per la situazione in esame, non il contrario… Lo svedese Holmqvist, professione centravanti di movimento, provò la carta dell’eccentricità per diventare famoso fuori dai suoi confini nazionali. Non eccelleva fisicamente, non era un portento nel gioco aereo ma preferiva il gioco di fino e il dribbling per saltare gli avversari.
Tutte qualità agli antipodi del classico bomber in salsa svedese, in genere alto due metri e specializzato come torre o combattente di razza. Lui in Europa puntava sull’effetto sorpresa; in Svizzera e Germania arrivò qualche piccola soddisfazione, in Italia proprio no! Nella nostra serie A, nonostante l’impegno e la costanza negli allenamenti, i risultati furono imbarazzanti. Un unico guizzo, peraltro ambito e inaspettato, non fu sufficiente per guadagnare un posto al sole. Una gioia effimera, datata 8 gennaio 1989…
Hans Holmqvist nacque nella primavera del 1960 a Stoccolma. In Svezia si guadagnò la licenza di jolly offensivo, essendo capace di ricoprire più ruoli in maniera proficua. Ovviamente amava soprattutto cercare il gol; nei quindici metri finali sapeva smarcarsi e trovare la conclusione, era veloce di gamba e di pensiero. Ma per il bene della squadra sapeva anche sdoppiarsi in seconda punta o ala destra, ripiegando persino a centrocampo nei momenti di difficoltà.
In patria militò col Djurgarden e con l’Hammarby; l’esperienza teutonica col Fortuna Dusseldorf coincise con la maturazione tecnica e gli garantì anche le prime insperate convocazioni con la nazionale svedese. Holmqvist cresceva e puntava deciso verso il campionato più esaltante, quello italiano. Dopo una parentesi in Svizzera con lo Young Boys trovò un ingaggio importante col Cesena: la società del presidente Edmeo Lugaresi era giovane, ambiziosa e con una tifoseria appassionata. Era la piazza giusta per il ventottenne svedese, che firmò con i bianconeri nell’estate del 1988.
Bisogna ammettere che Albertino Bigon, l’allenatore del Cesena in quella stagione, confezionò un mezzo miracolo portando i romagnoli al tredicesimo posto finale. Una salvezza sofferta ma meritata, frutto di un ottimo score casalingo: nella rosa spiccavano Sebastiano Rossi (il portiere che anni dopo andrà al Milan), il difensore Josic, l’eterno Piraccini, Calcaterra e il centravanti Massimo Agostini detto il Condor. Tutti diedero un poderoso contributo alla causa: e Holmqvist? Lo svedese purtroppo fu subito in difficoltà… Mister Bigon lo mise in campo fin dalla prima giornata (9 ottobre 1988, Cesena-Lazio 0-0), confermandolo titolare per quasi tutto il girone d’andata.
Ma Hans non vedeva la porta, spesso falliva occasioni non impossibili e soprattutto soffriva maledettamente gli spietati difensori italiani. Svariava a tutto campo per trovare palloni giocabili, sudava e provava a cambiare ritmo ma poi raccoglieva pochissimo. In riferimento a quanto già accennato, Holmqvist segnò un solo gol in tutto il campionato, e coincise con la prima domenica del 1989. Era la dodicesima giornata, lo svedese segnò un gol preziosissimo a metà ripresa contro il Milan di Sacchi, Gullit e Van Basten: il Cesena si impose proprio 1-0 e Holmqvist si meritò (per una volta) gli applausi e le prime pagine di tutti i quotidiani sportivi.
Non si trattava di un gol memorabile (Hans si ritrovò solo davanti al portiere Galli a 7-8 metri di distanza), ma a conti fatti quella vittoria fu un mattone pesante per la salvezza del Cesena. A voler essere pignoli, Holmqvist realizzò un’altra rete ufficiale, in Cesena-Modena 4-1 di Coppa Italia. Ma è un ricordo sbiadito e dimenticato da tutti, anche perché i romagnoli furono comunque eliminati (era l’epoca dei gironi di qualificazione). Ad ogni modo, l’organigramma del Cesena non poteva essere soddisfatto delle sue prestazioni e già nell’estate del 1989 si pensò ad una sua cessione.
Dopo mille ripensamenti e tentennamenti, Holmqvist restò per qualche altro mese confidando in un’inversione di rotta. Le residue speranze, però, furono stroncate dal nuovo allenatore del Cesena: Marcello Lippi. L’emergente tecnico viareggino, con Bigon passato al Napoli, optò per altre soluzioni offensive, e Hans Holmqvist fu definitivamente accantonato. Una sola e ultima presenza prima di tornare in Svezia, dove chiuse la carriera con la maglia dell’ Orebro. Con la nazionale scandinava non riuscì mai a coronare il sogno di giocare la fase finale di un mondiale. Per lui 27 presenze e 4 gol: Holmqvist inoltre sfidò l’Italia in due circostanze, nel 1983 e nel 1987. Bilancio in assoluta parità, una vittoria e una sconfitta.
Lucio Iaccarino