Pallone d’oro nel 1966, Sir Robert è stato per gli inglesi esempio di stile, carisma e capacità tecniche.Leggenda del Manchester United, vinse la Coppa Rimet con l’Inghilterra
In una famiglia di campioni, lui era indubbiamente il migliore. E visto che la famiglia in questione è quella dei Charlton e che ci riferiamo agli anni sessanta, è doveroso dare un senso e onorare tutta la dinastia. Jackie Charlton era il carismatico fratello maggiore, ottimo difensore e atleta professionalmente ineccepibile. Ma Robert, nato due anni dopo, riuscì a superarlo per fama, bravura e capacità: del resto, diventò il più bravo di tutti visto che nel 1966 vinse addirittura il Pallone d’oro (giusto per consolare il buon Jackie).
Per tutti era semplicemente Bobby, un attaccante straordinario sia in appoggio che come uomo d’area: potente, agile, formidabile nelle conclusioni e nei colpi di testa. Conosceva tutti i trucchi per scardinare le difese, negli ultimi venti metri era imprevedibile e sceglieva sempre il colpo risolutore: il suo stile e la sua eleganza, dentro e fuori dai campi di gioco, sono ancora oggi un vanto e un onore per tutti i britannici innamorati del calcio.
Robert “Bobby” Charlton nacque nell’ottobre del 1937 ad Ashington, una piccola cittadina mineraria dell’Inghilterra del nord. Diventò un’icona e una bandiera del Manchester United, dove debuttò giovanissimo ma con le idee già chiare. Il suo unico e geniale allenatore fu Matt Busby, che lo accompagnò come un genitore nelle vittorie e nei successi più importanti. Il 6 febbraio 1958 Bobby Charlton era sull’aereo della BEA che si schiantò durante il decollo, dopo uno scalo tecnico, all’aeroporto di Monaco.
Tra i 44 passeggeri c’erano infatti i giocatori del Manchester reduci dalla qualificazione per la semifinale di Coppa Campioni conquistata contro la Stella Rossa di Belgrado. Charlton fu miracolosamente fra i superstiti di una tragedia che costò la vita ad otto dei suoi compagni. Bobby aveva 20 anni. La ripresa, umana e tecnica, fu doverosamente lenta ma portò i suoi frutti: col tempo Charlton si incarnò in un vero e proprio gentleman degli stadi. In Inghilterra la sua popolarità toccò vette altissime, al pari solo del grande Stanley Matthews. Come il famoso “mago del dribbling”, anche Bobby diventò baronetto e per volere della regina in persona: Sir Robert era per tutti ormai garanzia di talento, professionalità, cortesia e forza di volontà.
Arrivarono trionfi dal sapore speciale e unico come la Coppa d’Inghilterra del 1963, tre campionati inglesi e una storica Coppa dei Campioni nel 1968. Nella finale di Londra del 29 maggio il Manchester United sconfisse il Benfica di Eusebio 4-1: Bobby Charlton realizzò una splendida doppietta (il primo e l’ultimo gol della gara), confermandosi uno dei pilastri dello squadrone di Busby.
Con la nazionale inglese, inoltre, Bobby Charlton raccolse un’altra invidiabile serie di successi e record. Il 10 aprile del 1965, a Wembley, partecipò all’incontro Inghilterra-Scozia (2-2 il finale) in compagnia del fratello maggiore Jackie: era la prima volta dall’inizio del secolo che due fratelli si trovavano insieme in nazionale. Nel novembre del 1966 trovarono entrambi la gioia del gol contro il Galles (5-1). Soprattutto, comunque, i due furono pedine fondamentali nella prima e finora unica vittoria della Coppa del mondo (all’epoca denominata Coppa Rimet) dell’Inghilterra.
Era sempre il 1966 e gli inglesi giocavano in casa: la classe e il carisma di Bobby furono determinanti anche per la selezione di Alf Ramsey. Sir Robert, oltre a dispensare assist e giocate magistrali, andò a segno tre volte: contro il Messico (2-0 il 16 luglio) nel girone di qualificazione e soprattutto con la decisiva doppietta contro il Portogallo in una equilibratissima semifinale (2-1 il 26 luglio). L’Inghilterra e Charlton coronarono poi il sogno mondiale col 4-2 in finale(tripletta di Hurst e Peters) contro la Germania Ovest, gara passata però alla storia anche per il “gol fantasma” del 3-2 di Hurst e generosamente concesso dall’arbitro svizzero Dienst.
Quattro anni dopo, nel 1970, Charlton e l’Inghilterra provarono a bissare il titolo mondiale in Messico. Bobby, così come nel Manchester United, aveva arretrato il suo raggio d’azione ed era a tutti gli effetti un centrocampista d’ordine. Il rendimento non ne aveva risentito, Charlton era versatile e capace di cambiare pelle senza portarsi dietro critiche o mugugni della stampa. La delusione arrivò comunque, e non per demeriti suoi, ai quarti di finale di quel mondiale. A Leon, il 14 giugno, era in programma la grande rivincita fra Germania Ovest e Inghilterra. Bobby stava sfoderando la solita prestazione di qualità e, dopo settanta minuti di gioco, gli inglesi erano in vantaggio per 2-1. L’allenatore Ramsey a quel punto optò per una sostituzione sorprendente: fuori proprio Charlton e dentro l’acerbo Colin Bell.
Ovviamente è impossibile dire quanto questa sostituzione abbia influito sull’esito dell’incontro, ma la cronaca è talvolta anche spietata. La Germania Ovest, infatti, capovolse completamente il risultato pareggiando con Seeler e portandosi in vantaggio ai supplementari col cecchino Gerd Muller. I tedeschi vinsero quindi 3-2 ma Sir Robert, alla sua ultima apparizione mondiale, era uscito comunque a testa altissima. Con l’Inghilterra confezionò 106 presenze ufficiali, altro record per l’epoca, con 49 gol; col Manchester United 198 gol in oltre 600 partite di campionato.
Lucio Iaccarino