Scomparso tragicamente a soli 38 anni, il brasiliano Caté vesti la casacca della Sampdoria nel 1998. Attaccante fantasioso ma poco concreto, segnò un solo gol in A.

Caté

Il brasiliano Caté(foto sport.notizie.it)

Il destino è stato beffardo con lui soprattutto nella vita, che troppo presto gli ha voltato le spalle in maniera tragica e imponderabile. Nel dicembre del 2011 il brasiliano che tutti conoscevano col nomignolo di Caté è morto in seguito alle ferite riportate dopo un drammatico incidente stradale. Lui, che guidava un’utilitaria, incolpevole vittima di un tremendo scontro frontale con un camion: aveva soltanto 38 anni.

Aveva abbandonato la carriera calcistica da poco; da ragazzino era un attaccante tutto dribbling e colpi ad effetto ma poi si era progressivamente perso nel limbo degli incompiuti. Giocava per divertirsi e questo, pur essendo il più poetico dei concetti, non è sempre apprezzato nel vorticoso calcio moderno. Cambiò molte squadre e nazioni, arrivando come vedremo pure in Italia, e trovò grossomodo sempre difficoltà di natura tattica. Gli amici e i colleghi, compresi quelli che ha lasciato a Genova, lo ricordano sempre sorridente e allegro anche nelle sconfitte e nelle difficoltà personali.

Marco Antonio Lemos Tozzi Caté (che in brasiliano era l’abbreviativo di “Categoria”) nacque nel novembre del 1973 a Cruz Alta. Crebbe calcisticamente nelle giovanili del Gremio, dove comunque non debuttò mai in prima squadra. Baricentro basso e discreta tecnica, Caté era un esterno d’attacco oppure una seconda punta in grado di accendere le partite con un guizzo repentino o un assist al compagno smarcato. Finì, non ancora ventenne, al San Paolo del vecchio Cerezo e per lui fu un apprendistato utile sotto tutti i punti di vista.


Anche se da panchinaro, vinse due Coppe Libertadores (1992 e 1993) e trovò l’entusiasmo giusto per dare una scossa risoluta alla sua carriera. Sempre nel 1993 trionfò, con la selezione giovanile brasiliana, nel campionato del mondo Under 20. Fu acquistato dal Cruzeiro, dove però trovò poco spazio, poi provò l’avventura in Cile con l’Universitad Catolica: qui Caté si riscoprì ottimo regista avanzato e, svariando su tutto il fronte offensivo, espresse un gioco fantasioso e redditizio. La Sampdoria del grande presidente Enrico Mantovani, nell’estate del 1998, stava rivoluzionando tutta la rosa. Con i soldi della cessione di Veron (passato alla Lazio per 22 miliardi) furono acquistati i vari Ortega, Doriva, Sgrò, Grandoni, Sakic e Palmieri. Arrivò anche il nostro Caté per 3,5 miliardi di lire: l’integrazione fu subito difficoltosa non solo per lui, la squadra faceva acqua da tutte la parti.

L’allenatore era l’emergente Luciano Spalletti, che oltretutto fu esonerato (per qualche giornata arrivo Platt) e poi reintegrato nel ruolo: ecco un altro segnale sulla confusione che regnava in quel periodo a Genova. Caté debuttò alla prima giornata, il 12 settembre nel 2-2 di Udine, ma solo per i minuti di recupero. E raramente trovò molto spazio; alla fine le presenze furono appena 15. Faticava a dialogare coi compagni (un suo clamoroso errore in Milan-Sampdoria 3-2 fece infuriare tutti), spesso era anticipato dai rocciosi difensori del nostro campionato e, forse proprio perché sotto pressione, provava numeri e giocate troppo difficili. Che quasi mai gli riuscirono… La Samp, nonostante i 12 gol di Vincenzo Montella e gli 8 della coppia OrtegaPalmieri, retrocesse meritatamente in serie B, chiudendo sedicesima con 37 punti. L’unica vera soddisfazione di Caté fu il gol partita che realizzò contro il Venezia alla 28^ giornata, l’11 aprile 1998. I doriani vinsero 2-1 e Caté, entrato nel secondo tempo da appena cinque minuti, firmò la rete decisiva. Una prodezza inutile, ma almeno un ricordo tangibile del suo passaggio in Italia.


Non lasciò subito il Bel Paese: durante l’estate la dirigenza della Sampdoria non aveva ancora preso una decisione definitiva sul suo conto. Passarono altri mesi (probabilmente tempo sprecato per tutti) e Caté restò sulla graticola fino alla fine di settembre. Difatti giocò anche due partite in serie B, prima di accettare la proposta del Flamengo, storico club di Rio de Janeiro. Sfortunatamente, però, non trovò mai un minimo di continuità e giocò pochissime partite. Giusto per girare il coltello nella piaga, arrivarono anche dei fastidiosi infortuni al ginocchio destro che limitarono ulteriormente il suo valore.

Caté firmò qualche altro contratto qua e là, strappando applausi convinti forse solo negli Stati Uniti, dove disputò una buona stagione (2001) con il New England Revolution. Anni dopo chiuse i battenti accontentandosi di giocare con club di seconda o terza fascia, poi si dedicò ad allenare i giovani e i bambini del suo paese. Purtroppo Caté ha dovuto abbandonare anche questo sogno: l’incidente che ha spazzato via tutto arrivò il 27 dicembre del 2011 ad Ipé, un piccolo centro (appena 6000 anime) nello stato brasiliano di Rio Grande do Sul.

 

Lucio Iaccarino