Alla scoperta di Diego Perotti, il ragazzo che incantò tutti ai tempi di Siviglia prima di essere perseguitato dalla sfortuna e dai guai fisici. Al Genoa, però, si sta rilanciando alla grande.
Se ti chiami Diego e nasci in Argentina a fine anni ’80, è piuttosto semplice indovinare a quale leggenda si siano ispirati per il nome i tuoi genitori. Se poi papà Hugo (di chiare origini italiane) fa il calciatore ed ha avuto un passato glorioso con la maglia del Boca Juniors, anche gli ultimi dubbi vengono spazzati via. Diego Perotti nasce a Moreno, una città in provincia dell’immensa Buenos Aires, il 26 luglio 1988. Fin da bambino, da buon argentino, si innamora del pallone e dopo un approccio non proprio felice con i pulcini degli xeneize, muove i suoi primi passi nel Deportivo Moròn, vicino casa, prima nelle giovanili e poi (anno 2006) in prima squadra. Comincia da qui la carriera del gioiello del Genoa su cui sembra si stia per scatenare l’ennesimo derby di mercato tra Inter e Milan…
Dicono che se uno ha la stoffa del campione lo si capisce da ragazzino e, in effetti, è bastato poco a Diego per dimostrare le sue qualità. Dribbling micidiale, mancino vellutato ed una velocità tale da meritarsi il soprannome di “El Monito”, in spagnolo la scimmietta. Può giocare largo a destra, a sinistra ed anche trequartista centrale, il suo ruolo di “nascita”. Ovunque la metti, la scimmietta è rapida, agile, imprevedibile. Quando accelera, è dura corrergli dietro. E se vuoi acchiapparla, spesso, devi abbatterla. Che sia questo il motivo dei continui stop accusati in carriera? Non solo, perchè spesso i guai di Perotti sono dipesi dai suoi muscoli più che dalle entrate degli avversari.
Le capacità tecniche, però nessuno le ha mai discusse e così, nel 2007 il Siviglia se lo porta in Andalusia. Viene aggregato al Siviglia B con cui gioca fino al febbraio 2009, quando esordisce in prima squadra. Il primo gol con i Rojiblancos arriva nel maggio dello stesso anno ed è di quelli pesanti: sinistro a giro al Deportivo La Coruna e qualificazione alla Champions matematicamente raggiunta. A quel punto mezza Europa, Real Madrid in primis, mette gli occhi su di lui ed un certo Diego Armando Maradona (ecco qua a chi si sono ispirati mamma e papà per il suo nome…) lo fa esordire con la maglia dell’Argentina, in amichevole contro la Spagna.
Il gioco sembra fatto, il campione sbocciato, tanto che a Siviglia, per cautelarsi, mettono nel suo contratto una clausola di rescissione pari a 48 milioni di euro. Nessuno pagherà mai quella cifra. Il motivo? Quello accennato sopra: oltre alla classe, Perotti di cristallino possiede anche i muscoli e, dopo due stagioni da assoluto protagonista, gli infortuni lo devastano. Il campo negli anni successivi diventa un miraggio e così, in accordo con la società, nel febbraio 2014 decide di tornare (in prestito) da dove è venuto, in Argentina. Lo attende la bolgia della Bombonera. Cambia la squadra, ma non la musica e per Perotti le noie muscolari arrivano puntuali. Alla fine, col Boca, giocherà la miseria di 2 partite.
La delusione e la rabbia sono ai massimi livelli, ma quando tutto sembra far pensare ad un futuro nebbioso ecco arrivare il Genoa. Gasperini stravede per lui e lo considera l’ideale per il suo tridente d’attacco. Chiama Preziosi e gli chiede in regalo la scimmietta: accontentato! Diego sbarca in Liguria per “soli” 350.000 euro e firma un quadriennale. E’ lui la scommessa dei rossoblù, è lui quello che può far fare il salto di qualità a tutta la squadra. Marassi se ne innamora subito e lui si esalta, realizzando 3 gol, fornendo assist a raffica e risultando spesso il migliore in campo. Forse stavolta qualcosa sta davvero cambiando ed ecco tornare le voci di mercato attorno a lui: Inter e Milan lo vogliono, con Juventus e Roma sullo sfondo. Il valore del cartellino, nel frattempo, è schizzato ad almeno 10 milioni, con Preziosi che realizzerebbe una plusvalenza col botto in caso di cessione estiva. Diego, però, al futuro non ci pensa e vuole solo una cosa…stare bene! Perchè se sta bene, lui con la palla può anche parlarci e per gli altri diventa un problema. Quindi meglio non fermarsi, guardare avanti e continuare a correre. Occhio, che la scimmietta è svelta e leggera, quando parte fai fatica a starle dietro…
Giuseppe Marzetti