Ci sono sempre meno terzini di ruolo in circolazione.
Silvan Widmer (foto dalla rete)
“Non fare il terzino, nessuno si ricorda dei terzini”. È così che Frank Lampard senior (terzino sinistro e bandiera del West Ham) convinse al cambio di ruolo il figlio e – forse – una generazione di calciatori. Dopo l’epoca d’oro 2000-2010 (in cui hanno esordito giocatori come Lahm, Dani Alves, Maicon, Cole), il ruolo sta subendo una lunga inflessione: i terzini di livello sono sempre meno, e il livello medio è calato drasticamente.
Negli ultimi anni le squadre di vertice si sono viste costrette a “
riciclare” giocatori di altri ruoli (Valencia, Ivanovic), o
pagarne eccessivamente altri (
Coentrao, valutato 30 milioni). Se le top squadre europee hanno possibilità di investire tanto ogni anno – questa estate hanno cambiato casacca
Coentrao, Felipe Luis, Darmian, Alex Sandro, Baba e Clyne – le altre (specie le italiane) devono arrangiarsi come possono.
Nella serie A 2015-16 giocheranno circa un centinaio di terzini (95, più precisamente), ma – di ottimi – ce ne sono circa una decina. L’enorme mole di materiale umano (quasi 5 ogni squadra) nasconde la povertà tecnica delle squadre, che – in assenza di fondi ingenti, per prendere i top del ruolo – si accontentano di colmare la mancanza di qualità con la quantità.
L’uso sempre più generalizzato della difesa a tre (3-5-2 per Udinese, Carpi, Torino, Palermo, 3-4-3 per il Genoa, 3-4-2-1 per la Fiorentina) testimonia l’assenza di laterali completi e capaci nelle due fasi. Giocatori come Marcos Alonso, Widmer, Bruno Peres, Lazaar e Avelar – generalmente riconosciuti come top del ruolo – sono essenzialmente giocatori a metà, bravissimi nella fase offensiva, meno nella difensiva.
Anche le squadre con la difesa a quattro non sono esenti da problemi: alcune accettano il mismatch in una delle due fasi, altre – in mancanza di alternative credibili – utilizzano i giocatori sul piede opposto (Santon, Hysaj, De Sciglio, Gazzola, Torosidis, …) o adattati (Florenzi, Radu, Tomovic, Lulic, Christodoulopoulos, Zukanovic, …).
La difficoltà del ruolo c’è, è innegabile. Se una generazione d’oro come quella belga è costretta a giocare con due centrali (Verthongen e Alderweireld) sulle fasce, è difficile immaginare la rinascita dal movimento italiano – veloce ad esaltare, incapace di aspettare.
Il problema, in Italia, è endemico: poco spazio per la speranza. Nelle categorie inferiori la regola under ha indotto le società a puntare su giovani per costrizione e non per scelta; il risultato? Gli under sono quasi sempre i terzini, che – paradossalmente – non stiamo più producendo. Il ruolo del terzino è svilito sin dalle categorie inferiori, e – anche in serie A – viene visto come un completivo, non di più.
Forse è anche per questo che molte squadre italiane danno fiducia ai Zaccardo e i Masiello (entrambi a fine carriera, entrambi fuori ruolo); forse è anche per questo che per molto tempo le squadre di vertice hanno puntato su “vecchi” come Evra e Cole, virando solo recentemente sui Digne, i Telles e gli Alex Sandro. La soluzione? Scouting, programmazione, pazienza; Alaba (il miglior interprete del ruolo) fu comprato dal Bayern a 16 anni: costato 150mila euro (una mensilità di Abate), adesso vale almeno 40 milioni. Vale la pena tentare.
Angelo A. Pisani