Partire terzo e ritrovarsi primo: una storia che Gabriele Marchegiani aveva già vissuto. Novembre 2012, lui negli Allievi della Roma, la Primavera senza portieri costretta a pescare dai più piccoli. Gabriele a Formello a parare per la Roma, dove papà Luca aveva fatto lo stesso per la Lazio: il derby finisce 2-2, Marchegiani se la cava. Succede così esattamente quattro anni dopo, a Trapani: Spal senza Meret e Branduani, Semplici ha solo Marchegiani, una partita giocata nell’ultimo anno e mezzo, a Pistoia. “È andata meglio di quanto mi aspettassi – dice -. In Serie B i tifosi sfruttano anche il riscaldamento per intimorirti, ma poi con la trance agonistica della gara non senti più nulla. A Ferrara, invece, abbiamo una tifoseria fantastica: un grande vantaggio”.
IO E PAPÀ — Una curva e un tifoso in disparte: sin dai tempi delle giovanili a Trigoria, capitava di vedere Luca Marchegiani seduto da solo, a volte quasi nascosto, per non dare nell’occhio e lasciare tranquillo Gabriele, che non iniziò a giocare facendo il portiere. “Ma avevo sempre i guanti nella borsa – racconta -. E siccome mi piaceva, un giorno durante un camp estivo li tirai fuori e dissi di essere un portiere. La pressione del cognome pesante? Mai avvertita, anche perché papà si comporta nel modo giusto. Glielo dico spesso: “Mantieni un profilo basso, ancora non ho fatto niente”. Ma lui lo sa già”. Logico chiedersi se Gabriele, in porta, sia la fotocopia di Luca, che dopo l’inizio a Jesi, ha giocato con Brescia, Torino, Lazio e Chievo, e ora fa il commentatore a Sky: “No, mi hanno sempre detto che gli somiglio, ma siamo diversi. Io sono più massiccio, lui più magro e coordinato. Io penso di cavarmela meglio tra i pali, lui era meglio nelle uscite e nella lettura delle situazioni, esattamente i due aspetti in cui devo migliorare”.
IO E LA ROMA — Di saperci fare tra i pali, Marchegiani jr lo ha dimostrato tante volte a Trigoria, ma una di più ad Amsterdam, nel febbraio del 2015: ritorno degli ottavi di Youth League contro l’Ajax, due rigori parati, uno in partita e uno nella serie decisiva. E proprio di uno di questi rigori, Gabriele ha postato la foto sui social appena firmato il biennale con la Spal che ha chiuso la sua avventura con la Roma: “Non ho rimpianti. Certo, avrei sperato che ci credessero di più. Hanno fatto altre scelte, dipese forse anche dal fatto che lo scorso anno la panchina a Pistoia mi ha penalizzato. Avrei potuto scegliere meglio anch’io. Pazienza, mi porterò dentro la prima panchina all’Olimpico contro l’Empoli: la sognavo, tengo ancora la maglia a casa”.
IO E LA SPAL — A Ferrara c’è la maglia della Spal. La Spal dei giovani (“Mi piace molto Bonifazi, romano come me”). Altri colori, altri obiettivi: “Il primo: convincere Semplici a farmi giocare contro il Cittadella. Il secondo: guadagnare sempre più spazio, quest’anno e in futuro, anche se Meret è fortissimo. Il terzo, più a lungo termine: diventare un portiere importante a livello nazionale e, se ci riuscissi, anche internazionale. Penso che se uno vuole arrivare al 7, deve puntare al 10”. Insegnamento di papà? “Ah, ne ho anche un altro, di obiettivo: essere conosciuto come Gabriele, non solo come il figlio di Luca”. Giovanni Simeone, figlio di Diego e compagno di Luca nella Lazio dello scudetto, l’etichetta di figlio di papà se l’è tolta giusto domenica scorsa.
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