Ibra fa sempre parlare di se. Nel bene e nel male. In questi giorni la discussione si è spostata sulla sua partecipazione al Festival di Sanremo. Molti addetti ai lavoro hanno storto il naso per diversi motivi. La prima è che Ibra non c’entra nulla con il Festival e con il canto in generale. Dà spettacolo in campo e questo basta già. Il secondo è che l’attenzione del giocatore verso Sanremo porti via energie al Milan, sia fisiche che mentali, pregiudicando la qualità delle sue performance atletiche.
Il lavoro del calciatore oggi
Da Ibra il discorso si allarga a macchia d’olio, tra carta stampata e trasmissioni di approfondimento varie. Quali siano i doveri di un calciatore? Dovrebbero riguardare solo il campo da gioco?
Negli anni abbiamo visto una vera e propria evoluzione del ruolo del calciatore. Oggi non è più solo un atleta, ma vera e propria icona. Social, ospitate in diversi programmi televisivi, sponsorizzazioni con brand non sempre legati al mondo dello sport. I più mediatici e intraprendenti sfilano come modelli o fanno del loro nome un brand famoso nel mondo.
Giusto o sbagliato? Una questione morale
La discussione è sempre aperta. È giusto che i giocatori siano anche altro? Le questioni extracampo portano via energie importanti? Le prestazioni sono sempre le stesse? Queste domande non cesseranno mai e non c’è una risposta giusta o sbagliata che sia. Sicuramente, il ruolo del calciatore è cambiato nel corso del tempo. Così come è cambiato il calcio, sia come sport che come prodotto da promuovere.
Quello che non cambierà mai è la passione viscerale delle persone per verso questo sport.
Enrico Romagnoli