Sembrano passati secoli, e non anni, dagli ultimi successi della nazionale italiana del calcio: Inghilterra 2021, l’Europeo vinto ai rigori a Wembley contro i padroni di casa; il Mondiale del 2006, riportato a Berlino contro gli eterni rivali francesi; e, prima ancora, il mondiale del 1982, in Spagna, indimenticabile, almeno per chi quel giorno c’era. Inutile – e pericoloso – risalire alle prime due coppe del mondo vinte negli anni Trenta del secolo scorso: verrebbe da pensare che per salire sul tetto del mondo per due edizioni di fila, possa essere necessario instaurare un regime di ferro.
Italia fuori dagli Europei 2024: le reazioni dei nostri giocatori
Meglio soprassedere, dunque, anche se un minimo di rigore e di disciplina in più, un bel po’ di duro lavoro, sarebbero davvero necessari, visti non solo gli insuccessi di questo luglio in Germania, ma anche il “post europei” con cui ci hanno deliziato i giocatori italiani. Chiunque altro, dopo essere stato parte attiva nella figuraccia dell’eliminazione con la Svizzera, avrebbe tenuto quello che oggi amiamo chiamare un “profilo basso”: poche o nessuna apparizione pubblica, aria contrita, …
E, invece, come già altri prima di noi hanno fatto notare, a vedere gli azzurri in queste settimane di caldo estivo sembra veramente che loro, in campo, abbiano dato il massimo e che se non hanno superato gli ottavi sia stato per merito di avversari fortissimi, imbattibili. Anzi, meglio ancora: sembra proprio che gli Europei non ci siano mai stati.
Da location di lusso, ville milionarie, auto costosissime, i “migliori” in campo tengono a mostrare, per mezzo dei social, a tutti gli italiani che loro “se la stanno godendo”, che l’estate è magnifica e che la vita è bellissima!
Del resto, chi non farebbe delle vacanze da sogno, con stipendi a sei o sette cifre, cui vanno aggiunti i proventi delle pubblicità e degli sponsor?
L’Italia del calcio di fronte al giudizio dei giornali europei
Quando c’è una partita della nazionale, si sa, in Italia ci sono sessanta milioni di allenatori, come ha recentemente ricordato anche Adrea Pirlo (anzi, con il passare del tempo, a causa della fuga dei cervelli e del calo delle nascite, ora i commissari tecnici del nostro paese sono poco meno di 59 milioni). Viene, quindi, da chiedersi: ma non saranno i soliti impertinenti, che pensano di sapere come si allena una squadra e come si gioca in campo, a lamentarsi dei risultati della nazionale?
Ci provassero loro a fronteggiare gli attacchi di Remo Freuler e Ruben Vargas (del resto Remo è stato artefice dei successi di Atalanta e Bologna!). E poi non è da tutti fare goal al 98’, quando tutti oramai pensavano che i croati avrebbero superato il turno e che l’Italia sarebbe tornata a casa; volete mettere? In quanti, tra i frequentatori dei bookmakers non AAMS più affidabili hanno scommesso sulla Svizzera? Eppure avrebbero vinto la puntata, data a 3.40! E che dire di chi ha solo dieci mesi di tempo per mettere insieme una squadra e prepararla per i campionati Europei, dato che il suo predecessore ha deciso di diventare ct della nazionale saudita, preferendo al clima mediterraneo 25 milioni di euro l’anno.
Dicevamo, non è che quelle portate alla nazionale di Luciano Spalletti sono le critiche di chi se ne sta comodamente in salotto e come sport nazionale preferito ha la critica, senza se e senza ma, del proprio paese? Ebbene, no: basta guardare ai titoli dei giornali di tutta Europa per vedere che l’Italia in campo si è comportata in maniera se non vergognosa, almeno non all’altezza delle potenzialità dei singoli giocatori che la compongono.
Per il britannico The Sun, si è trattata di una «Swiss walk», una «Passeggiata svizzera»; per i tedeschi del Bild, è stata una vera e propria «Apokalypse CIAO», dove il «ciao» assume il verde bianco rosso del nostro tricolore; in Portogallo, A Bola propone un commento che fa ancora più male: «I campioni tornano a casa e nessuno se ne sorprende». Insomma, le origini del disastro risalgono a prima delle ultime settimane.
Serie A ed Europei: stessi giocatori, performance differenti
Nelle scienze sociali, si dice che il gruppo non è la semplice somma degli individui che lo compongono; è molto di più, è qualcosa di diverso. Nel caso della nazionale italiana vista in Germania quest’anno, sembrerebbe essere qualcosa di meno, invece.
Basta confrontare le performance di giocatori come Darmian, Bastoni, Barella e Frattesi, che con l’Inter hanno vinto lo scudetto; e di altri, che, come Zaccagni alla Lazio, Retegui al Genoa, Chiesa alla Juve, Cristante alla Roma, Calafiori al Bologna, Di Lorenzo al Napoli, in campionato si sono battuti, si sono fatti valere e si sono fatti notare, al punto da essere chiamati dal ct a
rivestire la maglia della nazionale in quella importante vetrina che sono i Campionati Europei di calcio! Eppure, sembra che a Dortmund, Gelsenkirchen, Lipsia e Berlino, i giocatori in campo non fossero gli stessi.
Come se la nazionale non valesse l’impegno necessario a vincere; come se i 250 mila euro (cui si aggiunge la “miseria” di 9 mila euro per il gettone di presenza ad ogni partita) non fossero uno sprone sufficiente a correre, ad impegnarsi e ad evitare figuracce. Del resto, cosa sono per Donnarumma (giocatore italiano meglio retribuito al mondo e, a onor del vero, forse l’unico che possa uscire dal campo a testa alta) e Chiesa questi soldi, considerato che equivalgono ad un quarto del loro stipendio mensile? Appunto, non vale la pena correre e rischiare di farsi del male, siamo tutti d’accordo.
La nazionale italiana e le altre nazionali di calcio
Ma allora, viene da porsi un’altra semplice domanda: e gli altri? Perché i giocatori delle altre squadre nazionali dovrebbero impegnarsi di più, se il gioco non vale la candela?
Forse per rispetto nei confronti dei tifosi? Forse per l’impegno che prendono nell’indossare la maglia della loro nazionale? Forse per amore del loro paese?
In Italia, parlare di patria e amore per il proprio paese è quasi un tabù: sembra che si possa correre il rischio di rifarsi ad un recente periodo storico non proprio felice. I giocatori della nazionale però dovrebbero umilmente imparare dai “cugini” europei l’impegno in campo e il rispetto dei tifosi. Tecnica e capacità di gioco a loro non mancano: basterebbe loro ricordarsi di
quello che fanno durante tutto l’anno calcistico, durante le partite di serie A, Ligue 1, Premier League, Bundesliga, …
E allora meno mostra di tatuaggi e auto e più lavoro in campo, per ritrovare spirito di squadra e voglia di vincere!